Hera, nome della dea greca del matrimonio, sarà la seconda sonda a sorvolare un sistema binario di asteroidi, insieme alla sonda DART della NASA dopo la missione Janus della NASA. I due veicoli faranno visita ad un sistema binario di asteroidi, composto da Didymos, l’asteroide principale con un diametro di 780 metri, e alla sua luna Didymoon (o Dimorphos, come è stata rinominata a giugno) di 160 metri di diametro. La missione fa parte della cooperazione internazionale AIDA (Asteroid Impact & Deflection Assessment), la prima missione per la difesa planetaria contro asteroidi potenzialmente pericolosi.
Lo scopo è quello di studiare se impattando contro un corpo roccioso di modeste dimensioni in rotta di collisione contro la Terra, si possa deviare la sua traiettoria ed evitare lo scontro con la Terra. AIDA è composta da due elementi: Double Asteroid Redirection Test, o DART, fornito dalla NASA, e la sonda spaziale Hera dell’ESA. Nel settembre 2022 è prevista la collisione di DART (che verrà lanciato a luglio 2021) contro l’asteroide più piccolo, con lo scopo di deviarne l’orbita e cambiarne la durata attorno al corpo principale. Hera raggiungerà il sistema 4 anni dopo l’impatto di Dart (il lancio è previsto per il 2024), e studierà le caratteristiche di Didymoon dopo l’impatto.
La necessità di raggiungere Didymos
Gli osservatori da terra non potrebbero avere una reale stima del risultato, data la distanza del sistema, che raggiunge un minimo di 10 milioni di chilometri. Si stima che a causa della distanza e delle difficoltà causate dalla nube di polveri che si solleverà dopo l’impatto, si avrebbe un’incertezza del 10% sulle misurazioni dell’impatto di DART fatte da Terra. Inoltre con i telescopi è impossibile misurare il momento trasferito con l’impatto, poiché non conosciamo con precisione la massa del piccolo asteroide.
Con Hera in orbita attorno al sistema binario, sarà possibile studiarne gli effetti in maniera diretta, misurandone la massa, essenziale per lo studio dell’orbita, la forma e la grandezza, il volume e la densità. Fornirà anche dettagli sul cratere d’impatto, per migliorare la nostra conoscenza sul loro processo di formazione.
In questo video dell’ESA Brian May, astrofisico e chitarrista dei Queen spiega l’importanza della missione HERA e come verrà condotta.
Il contributo di Thales
I sistemi forniti da Thales Alenia Space saranno fondamentali per la missione. L’azienda europea fornirà il sistema di comunicazione, grazie al quale i tecnici da terra saranno in grado di tracciare e controllare la sonda da una distanza fino a 500 milioni di chilometri, rimandando tutti i dati raccolti sulla Terra. La sede di Thales in Spagna sarà responsabile del sistema di comunicazioni in banda X, e sarà a capo della cooperazione con la sede in Italia e in Belgio. Quest’ultima sarà responsabile del Travelling Wave Tube Amplifiers (TWTA), un dispositivo usato per generare o amplificare un segnale radio. La sede belga fornirà anche il core del PCDU, il sistema energetico che fornirà elettricità alla sonda.
Il contributo italiano
Anche l’Italia, grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), si è aggiudicata importanti contratti per la realizzazione di strumenti fondamentali per la missione. OHB-Italia si occuperà del sistema di potenza elettrica, fornendo energia alla sonda, mentre Avio si occuperà della propulsione. Thales Alenia Space Italia si occuperà del Deep Space Transponder, il trasmettitore per lo spazio profondo, il quale gestirà i segnali degli esperimenti di radioscienza.
Assieme ad Hera viaggeranno anche due piccoli CubeSat, che avranno il compito di sorvolare da vicino la superficie dell’asteroide. Uno dei due è a guida italiana, dedicato ad Andrea Milani, professore di Meccanica Orbitale all’Università di Pisa e ideatore della missione dell’ESA Don Quijote, missione dalla quale deriva l’idea di HERA.
La sonda Hera raggiungerà l’asteroide verso la fine del 2026. La missione avrà una durata di circa 6 mesi, durante i quali la sonda eseguirà uno studio dettagliato del sistema binario, del cratere d’impatto e delle conseguenze sull’orbita. I suoi dati ci consentiranno, per la prima volta, di avere una consapevolezza della reale possibilità di deviare un asteroide con un impatto diretto, rendendo questa tecnica di difesa planetaria pronta all’uso qualora ce ne fosse bisogno.
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