Eseguire un volo suborbitale vuol dire semplicemente non raggiungere una velocità e un’altitudine necessarie ad entrare in orbita. Di fatto ogni aereo di linea esegue un volo suborbitale, partendo da un punto A e arrivando ad un punto B. Il New Shepard di Blue Origin trasporta una capsula a circa 100 Km di altitudine. Qui essa si stacca dal vettore e rimane qualche decina di secondi in stato di microgravità prima di iniziare il suo rientro a Terra in modo autonomo dal corpo centrale del razzo. Quest’ultimo eseguirà un atterraggio verticale, al contrario della capsula che rallenterà la caduta grazie a dei paracadute.
Mercoledì 11 dicembre New Shepard ha eseguito il suo dodicesimo volo di test. In particolare questo singolo vettore ha volato per la sua sesta volta. Una delle caratteristiche principali del razzo di Blue Origin è infatti il suo rientro a Terra e il conseguente riutilizzo. Essendo dotato di un unico stadio è attualmente l’unico razzo al mondo completamente riutilizzabile. Non è utile però fare un paragone con il più famoso Falcon 9 di SpaceX in quanto gli utilizzi, le dimensioni e i carichi che i due razzi trasportano sono completamente diversi.
Teoricamente infatti il New Shepard di Blue Origin potrebbe essere in grado di trasportare un centinaio di Kg in orbita terrestre bassa. Il Falcon 9 Block 5 può arrivare anche a 15 000 Kg.
Il Payload
Il volo di questo Giovedì rappresenta molto probabilmente l’ultimo test prima del volo con equipaggio. L’obiettivo dichiarato a primavera 2019 era arrivare ad eseguire questo primo volo entro la fine del 2019 ma purtroppo l’azienda non è riuscita nell’intento. Con questo lancio l’azienda ha dichiarato inoltre di aver lanciato il centesimo payload commerciale. Durante gli ultimi test il New Shepard è infatti stato caricato anche di esperimenti per conto di università, enti privati e per la NASA. L’ultimo lancio conteneva ad esempio degli esemplari di Arabidopsis Thaliana, una pianta con cui i ricercatori dell’università della California stanno studiando come la microgravità impatta sul dna delle piante.
Volare a bordo del New Sheppard ha permesso loro di studiare il repentino passaggio da gravità g=1 a g=0. Nonostante infatti da tempo si studino le piante sulla ISS e ancora prima sulle stazioni orbitanti negli anno ’90, non si aveva mai la possibilità di osservare scientificamente la transizione alla microgravità.
Insieme agli esperimenti e ai payload commerciali questo New Shepard conteneva anche centinaia di Postcard (cartoline) dell’associazione no profit Club For The Future. Questa associazione è un progetto di Jeff Bezos che punta a stimolare i giovani americani ad intraprendere studi nel campo STEM (science, technology, engineering and mathematics) in particolare nel campo delle tecnologie spaziali.
Il rientro
Il rientro del New Shepard è particolare. Durante la discesa raggiunge una velocità massima di circa 4400 km/h che viene dissipata quasi completamente nella parte superiore del razzo. L’aria, passa attraverso l’anello in testa al booster (immagine seguente). Durante il rientro vengono anche estratte 12 alette, 8 quasi orizzontali che aiutano a rallentare la discesa e 4 verticali che migliorano anche la stabilità. Nella parte inferiore sono posizionate altre 4 alette. Queste sono mobili e possono variare la loro inclinazione verticale per gestire la traiettoria del razzo.
Solo una volta che è stata raggiunta la velocità di circa 550 Km/h viene riacceso il motore centrale BE-3. Ora il New Sheppard viene quasi fermato del tutto a circa 50/60 metri di altitudine. Qui inizia ad avvicinarsi a Terra a circa 5 Km/h fino a toccare terra e stabilizzandosi con un piccolo rimbalzo che oramai sta diventando iconico per questo vettore. Nel video seguente tutta la fase di rientro, consigliata la visione con l’audio attivo.