Un nuovo studio condotto con il telescopio spaziale Hubble ha portato a risultati interessanti sul comportamento delle lune maggiori di Urano. I ricercatori, osservando Ariel, Umbriel, Titania e Oberon in luce ultravioletta, si aspettavano di rilevare gli effetti della magnetosfera del pianeta sulle loro superfici. In particolare, l’ipotesi iniziale era che le particelle cariche intrappolate nel campo magnetico di Urano avrebbero dovuto colpire con maggiore intensità l’emisfero posteriore di ogni luna, causandone un oscuramento progressivo.
Queste lune, essendo in rotazione sincrona, mostrano sempre la stessa faccia al pianeta. Per questo motivo è possibile distinguere chiaramente l’emisfero anteriore, che guarda nella direzione del moto orbitale, da quello posteriore. L’interazione attesa con la magnetosfera avrebbe dovuto rendere più scura proprio questa parte posteriore, come effetto dell’esposizione prolungata a elettroni e altri ioni energetici.
Tuttavia, l’analisi dei dati raccolti da Hubble ha rivelato uno scenario opposto: non solo non si osserva alcun oscuramento sul lato posteriore, ma anzi, per Titania e Oberon si registra un’emisfero anteriore più scuro e rossastro. Una scoperta che mette in discussione le ipotesi precedenti e apre a una nuova interpretazione basata sull’accumulo di polvere spaziale.
Tutta colpa della polvere
La nuova ipotesi proposta dal team guidato da Richard Cartwright, del Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory, suggerisce che le differenze di colore osservate sulle superfici di Titania e Oberon siano dovute a polvere proveniente da satelliti irregolari di Urano. Questi piccoli corpi, con orbite eccentriche e inclinate rispetto all’equatore del pianeta, sono costantemente colpiti da micrometeoriti che ne sollevano materiale. La polvere così prodotta entra gradualmente in orbita attorno a Urano, finendo per intersecare le traiettorie delle lune maggiori.
Titania e Oberon, essendo le più esterne, attraversano queste regioni di polveri e ne raccolgono maggiormente sulla faccia anteriore, come se stessero “sbattendo” contro una pioggia di particelle durante la loro orbita. È un processo simile a quello osservato anche nei sistemi di Saturno e Giove, e rappresenta uno dei primi indizi diretti di scambio di materiale tra lune uraniane.
Il fatto che Ariel e Umbriel, lune interne, non mostrino le stesse differenze di albedo tra i due emisferi può essere spiegato proprio con la protezione offerta da Titania e Oberon, che intercettano la maggior parte della polvere. Questa osservazione rinforza l’ipotesi che i meccanismi di deposito di polvere abbiano un ruolo fondamentale nella modifica delle superfici dei satelliti, almeno in assenza di interazioni magnetiche dominanti.

Un magnetismo più complesso, o più debole, per Urano?
I risultati di Hubble mettono però in dubbio il livello d’interazione tra la magnetosfera di Urano e le sue lune maggiori. Il campo magnetico del pianeta è noto per la sua complessità: è inclinato di circa 59 gradi rispetto al piano orbitale delle lune, ed è generato da un asse già inclinato di quasi 98 gradi rispetto all’eclittica. Questo assetto rende la dinamica del campo magnetico particolarmente variabile nel tempo.
Le aspettative iniziali si basavano su osservazioni precedenti condotte nel vicino infrarosso, che suggerivano la presenza di asimmetrie da impatto di particelle cariche. Tuttavia, grazie alla sensibilità dell’ultravioletto di Hubble, unica nel suo genere tra gli osservatori attuali, è stato possibile mettere alla prova direttamente questa ipotesi. La mancata evidenza di asimmetrie indotte da radiazione magnetosferica apre ora a nuovi interrogativi: la magnetosfera di Urano è meno attiva del previsto, oppure interagisce con le sue lune in modi ancora sconosciuti?
Ulteriori studi, anche con il supporto del telescopio James Webb, saranno necessari per chiarire la natura di queste interazioni e per comprendere meglio l’ambiente complesso che circonda il pianeta ghiacciato e i suoi satelliti.
La ricerca è stata presentata il 10 giugno 2025 al 246° incontro dell’American Astronomical Society ad Anchorage, Alaska.