Lo scorso giugno, la capsula Starliner di Boeing ha raggiunto per la prima volta la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) con a bordo due astronauti NASA, Butch Wilmore e Suni Williams. La missione, la prima con equipaggio della capsula di Boeing, ha portato i due astronauti sulla ISS, ma poi non li ha riportati a Terra. I due, ritornati con la capsula Dragon della missione Crew-9 il 19 marzo, hanno rilasciato diverse interviste solamente il 1 aprile, dalle quali è emerso un racconto piuttosto complesso anche del viaggio di andata verso la ISS.
Il lancio della missione Crew Flight Test (CFT) è avvenuto il 5 giugno 2024 dal Kennedy Space Center, a bordo di un razzo Atlas V. Questa prima parte, mentre erano ancora attraccati al secondo stadio del razzo, è stata la parte del viaggio che Williams, in una intervista al sito ArsTechnica, ha definito veramente perfetto.
Prima dell’inserimento orbitale con il secondo stadio però, Wilmore ha dichiarato di aver notato un’anomalia nei motori Centaur. “C’era una sorta di surging,” ha raccontato Wilmore, “non sono sicuro che ULA lo sapesse, ma noi lo sentivamo chiaramente.” Tuttavia, l’inserzione orbitale è stata completata correttamente. L’Atlas V prima di questa missione non aveva mai lanciato astronauti nello spazio.
Le manovre del primo giorno sono andate bene. Wilmore ha lodato le capacità di risposta della capsula: “Ho quasi dato un ‘uno’ [il volo migliore ndr] come rating di handling quality. Non l’ho mai fatto in vita mia.” Ma già dalla prima notte a bordo, sono emersi segnali di difficoltà. La temperatura interna è scesa a circa 10 °C, e la capsula si è rivelata troppo fredda, probabilmente per via del fatto che erano solo in due, mentre essa è progettata per quattro astronauti. “Avevamo lasciato a terra i sacchi a pelo per fare spazio ad altra attrezzatura,” ha spiegato Williams. “Alla fine ci siamo messi le tute spaziali per scaldarci.”

L’avvicinamento alla ISS
Il secondo giorno era previsto l’avvicinamento alla ISS, il momento più critico. Starliner utilizza 28 piccoli propulsori disposti in quattro gruppi, chiamati “doghouses”, per il controllo dell’assetto. Già nel 2022, durante il volo di test senza equipaggio OFT-2, si erano verificati problemi su questi propulsori. Wilmore, che li considerava il punto debole del sistema, aveva espresso preoccupazioni già prima del volo.
Durante l’avvicinamento lungo la V-bar (la direttrice parallela alla velocità orbitale della ISS) la situazione è peggiorata: “Abbiamo perso il primo thruster. Poi il secondo. Eravamo single-fault tolerant: un altro guasto e avremmo perso il controllo completo a sei gradi di libertà.” I 6DOF (six degrees of freedom) rappresentano la capacità del veicolo di muoversi lungo e attorno agli assi spaziali.
A circa 260 metri dalla ISS, Wilmore ha preso il controllo manuale della capsula. “La risposta era già cambiata. Sluggish, lenta. Non era più lo stesso veicolo del giorno prima.” A quel punto, è andato oltre i limiti stabiliti dalle flight rules: un ulteriore guasto avrebbe imposto l’aborto immediato della manovra. E quel guasto è arrivato.
“Abbiamo perso il terzo thruster. Poi il quarto. Non potevamo più muoverci in avanti. Avevamo perso uno dei sei gradi di libertà,” ha raccontato. Con il controllo manuale parziale e il rischio di ulteriori guasti, la capsula era tecnicamente in una condizione di “zero-fault tolerance”. In condizioni normali, sarebbe stato obbligatorio allontanarsi dalla stazione. Ma a quel punto, tornare sulla Terra appariva ancora più pericoloso.
Il ruolo chiave del Controllo Missione
La situazione è stata risolta grazie a un reset remoto inviato da Mission Control, che ha permesso il riavvio di due dei quattro thruster guasti. Prima di questa operazione, lo stesso controllo missione ha richiesto a Wilmore di abbandonare i comandi della capsula, una cosa che l’astronauta ha dichiarato di essere riuscito a fare solo perchè si fidava ciecamente del controllo missione.
Ma prima ancora che il veicolo fosse completamente recuperato, un quinto propulsore ha cessato di funzionare. “Se quel quinto si fosse guastato mentre gli altri quattro erano ancora spenti, non so cosa sarebbe successo,” ha ammesso Wilmore.
Dopo il riavvio, Starliner è tornata in modalità automatica e ha completato il docking. “Ero molto riluttante a cedere il controllo al sistema automatico. Ma ho pensato: ‘Ora ne abbiamo solo uno guasto, proviamo.’ E ha funzionato,” ha detto Wilmore.
Williams ha descritto il momento dell’arrivo come un misto di sollievo e consapevolezza: “Ho fatto un piccolo ballo di felicità quando siamo entrati nella ISS, ma sapevo che quella capsula non ci avrebbe riportati a casa.”
Da quel momento è iniziata un’analisi tecnica approfondita, che ha portato alla decisione di non utilizzare la Starliner per il rientro. I due astronauti sono tornati a Terra nel marzo 2025 a bordo di una Crew Dragon. La capsula Starliner, invece, è rientrata da sola, senza equipaggio.
NASA e Boeing stanno valutando un ulteriore volo di prova per verificare le modifiche necessarie ai sistemi di bordo. Starliner, per diventare operativo, dovrà prima dimostrare di poter affrontare tutte le fasi di una missione in completa sicurezza.