Venerdì 6 settembre 2024 si sarebbe dovuta tenere la cerimonia della posa della prima pietra del telescopio Flyeye dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), a 1865 metri di altitudine sulla cima del Monte Mufara, in Sicilia in provincia di Palermo.
Il telescopio Flyeye sarà il primo di una rete di osservatori europei destinati al monitoraggio dei NEO (Near-Earth Objects, asteroidi e detriti spaziali che potrebbero costituire un pericolo per la Terra). Alla cerimonia dovevano presenziare Josef Aschbacher, Direttore Generale dell’ESA, Teodoro Valente, Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, e Renato Schifani, Presidente della Regione Sicilia.
Tuttavia, il TAR della Sicilia ha imposto uno stop ai lavori, in seguito alla protesta di alcune associazioni ambientaliste preoccupate per l’impatto ambientale in una zona protetta. Il sito osservativo infatti, ideale per le condizioni di osservabilità del cielo, si trova in una zona di tutela integrale del Parco delle Madonie. Le proteste, che hanno dato luogo a un presidio in loco, si sono basate sulla presunta assenza di alcuni pareri e autorizzazioni. Per il 24 settembre è attesa la decisione finale della camera di consiglio per la trattazione collegiale dell’istanza cautelare.
Una rete di telescopi per la difesa planetaria
Il telescopio Flyeye è la prima unità di una rete globale di telescopi per il monitoraggio di NEO sviluppata dal Programma di Sicurezza Spaziale dell’ESA. I telescopi Flyeye saranno quattro, in Italia, Australia, Argentina e Messico, e scansioneranno continuamente il cielo durante la notte, identificando automaticamente i potenziali oggetti pericolosi vicini alla Terra.
La rilevazione degli asteroidi avverrà con una settimana di anticipo rispetto al possibile impatto grazie a un’osservazione ottica estremamente dettagliata. Ogni telescopio può intercettare un oggetto orbitante di 8 cm a circa 1000 km di distanza.
Il nome “Flyeye” deriva dal design ottico unico del telescopio, ispirato alla struttura dell’occhio composto di una mosca. Questo sistema innovativo suddivide la luce che raccoglie in diverse telecamere, ampliando enormemente il campo visivo rispetto ai telescopi tradizionali.
Tale caratteristica permette a Flyeye di monitorare vasti settori del cielo in modo più efficiente, aumentando la probabilità di intercettare eventuali oggetti pericolosi. L’obiettivo finale di questo progetto è fornire un avviso tempestivo nel caso in cui uno di questi oggetti sia in rotta di collisione con la Terra.
Flyeye in Sicilia
Il sito di Monte Mufara è stato selezionato nel 2019 come il sito migliore d’Italia per l’installazione del primo Flyeye, attraverso uno studio condotto da Agenzia Spaziale Italiana (ASI). ASI ha identificato Mufara come il luogo ideale grazie alla sua altitudine, alla bassa latitudine (che permette l’accesso a parte del cielo australe), al bassissimo inquinamento luminoso del sito e alla sua geometria “a cono”, utile a prevenire la formazione di turbolenza atmosferica che degraderebbe le immagini ottenute al telescopio.
Per queste ragioni sul Monte Mufara già esiste, ed è operativo, un telescopio, il WMT, gestito dal Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche GAL Hassin di Isnello. Un sito che ospita diverse infrastrutture di servizio, e in cui le norme vigenti consentono la realizzazione di infrastrutture a carattere scientifico, come ha spiegato a nome della giunta dell’Unione delle Madonie il presidente Luigi Iuppa.
Tuttavia, il Parco delle Madonie all’interno del quale si trova la zona prescelta per Flyeye è un’area di grande valore ecologico e naturale. Le autorità locali e i gruppi ambientalisti hanno sollevato preoccupazioni riguardo all’impatto che una struttura di tali dimensioni potrebbe avere su questa zona protetta, ricca di biodiversità e habitat sensibili.
Infatti, i lavori per la realizzazione del telescopio prevedono una serie di attività che le associazioni reputano lesive della natura, tra cui sbancamenti, ovvero l’escavazione e rimozione di terra e materiali dal sito, e la realizzazione di un grande edificio alto oltre 13 metri e con una superficie di 800 metri quadrati, con un volume edilizio totale di 3 540 metri cubi. Inoltre, sono stati programmati la costruzione di una nuova strada carrozzabile per l’accesso alla cima della montagna e di un parcheggio per l’osservatorio.
La sospensione della costruzione
Diverse associazioni ambientaliste da tempo sono schierate contro il progetto. Più volte sono intervenuti la Regione e il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, con decisioni che hanno rallentato il procedimento autorizzativo. L’ESA ha però sempre mantenuto la sua scelta, a dispetto della possibilità di trasferire alle Isole Azzorre osservatorio e telescopio.
Alla fine, la scorsa settimana il TAR della Sicilia ha accolto la richiesta di misure cautelari e urgenti presentata dalle associazioni, sospendendo i lavori in realtà già iniziati il 27 agosto in una “zona A” , ovvero di tutela integrale, all’interno del parco. Il tribunale ha ritenuto che ci siano effettivamente aspetti di illegittimità da approfondire.
Alcune associazioni ambientaliste come Club Alpino Italiano, Legambiente Sicilia, Lipu e Wwf Sicilia hanno tenuto un presidio alle pendici del Monte Mufara proprio il 6 settembre, data scelta per la posa della prima pietra.
Cosa succederà ora?
La sospensione della costruzione del telescopio Flyeye non significa la fine del progetto, così come non significa che l’osservatorio non sarà più costruito in Sicilia. Attualmente, si sta lavorando per trovare una soluzione che possa garantire la ripresa dei lavori senza compromettere l’ambiente naturale del Parco delle Madonie. L’ESA e le autorità locali sono impegnate in negoziati per ottenere le necessarie autorizzazioni e studiare eventuali modifiche al progetto, che potrebbero ridurre l’impatto sull’ecosistema della zona.
Una delle opzioni in discussione potrebbe essere la relocalizzazione del telescopio in un’altra area che presenti minori vincoli ambientali, anche se questa possibilità comporterebbe ulteriori ritardi e costi aggiuntivi. Un’altra strada percorribile è quella di adottare misure tecniche innovative per rendere l’impatto ambientale il più limitato possibile, come l’adozione di tecnologie che riducano il disturbo alle specie locali.
Nonostante i ritardi, l’importanza strategica del Flyeye per la sicurezza spaziale non è in discussione, e ci si aspetta che i lavori riprendano una volta risolte le problematiche attuali.
Tuttavia, il caso solleva una questione più ampia sulla difficoltà di conciliare l’innovazione tecnologica con la protezione dell’ambiente, soprattutto in aree di grande valore naturalistico. Un tema che toccherà presto da vicino anche la scelta del sito per il futuro rilevatore di onde gravitazionali di nuova generazione, Einstein Telescope, per il quale ricordiamo l’Italia è candidata con la Regione Sardegna.
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