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Dalla dualità olografica e i computer quantistici, fino al wormhole olografico

Mila Racca di Mila Racca
Dicembre 19, 2022
in Astronomia e astrofisica, Divulgazione, Fisica, News, Scienza
Universo olografico
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Di recente, i ricercatori del California Institute of Technology hanno implementato un protocollo di teletrasporto wormhole utilizzando il computer quantistico di Google. L’esperimento, eseguito a inizio dicembre 2022, è tanto sorprendente almeno quanto complesso da comprendere. In questo secondo articolo, dopo aver discusso in precedenza la prospettiva storica che ha portato a parlare di wormhole ed entanglement quantistico, vogliamo addentrarci nell’esplorazione del concetto di gravità quantistica, partendo dal concetto di olografia e arrivando alla concezione e realizzazione di computer quantistici.

Gli studiosi credono che la fisica all’interno dei buchi neri segua le regole della meccanica quantistica. Tuttavia è impossibile esplorare un buco nero con una sonda, né tanto meno effettuare degli esperimenti al suo interno. Fortunatamente, grazie alla dualità che lega i wormholes all’entanglement quantistico, gli studi sul secondo ci regalano informazioni sulla natura dei primi.

Per studiare la gravità quantistica gli esperti sfruttano una tecnica chiamata dualità olografica, in grado di connettere matematicamente un sistema gravitazionale a uno quantico. Un ologramma è una sorta di pellicola bidimensionale, che può creare immagini tridimensionali tramite l’interferenza di diversi laser. Ma a livello fisico, cosa sono gli ologrammi? E come passiamo dall’ologramma a bit quantistici ai computer quantistici, per poi arrivare a modellare un wormhole?

Il principio olografico

Il cosiddetto principio olografico è un assioma proposto per la prima volta dal fisico olandese Gerard’t Hooft. Afferma che l’informazione contenuta in un intero volume di spazio può essere codificata sul bordo dell’area considerata. Esso ricevette una precisa interpretazione nella teoria delle stringhe dal fisico statunitense Leonard Susskind, che combinò le sue idee con quelle precedenti di ‘t Hooft.

Secondo Susskind, il mondo tridimensionale dell’esperienza ordinaria (l’Universo con le sue galassie, le stelle, i pianeti, così come le case e le persone sulla Terra dove abitiamo) è un ologramma, un’immagine della realtà codificata su una lontana superficie bidimensionale. In altre parole, una superficie bidimensionale distante contiene tutti i dati necessari per descrivere completamente il nostro mondo e, proprio come in un ologramma, questi dati sono proiettati per apparire in tre dimensioni.

Direte voi, e quindi? In realtà questa teoria è essenziale per risolvere molti problemi dell’astrofisica e della cosmologia teorica. Infatti, quando i fisici considerano l’olografia nei loro calcoli sulla natura dei buchi neri e sulla riconciliazione tra gravità e meccanica quantistica, questi diventano molto più semplici da risolvere. Insomma, le leggi della fisica sembrano avere più senso se scritte in due dimensioni piuttosto che in tre. Susskind tiene a sottolineare che questa teoria non è considerata una mera speculazione fantascientifica, ma uno strumento di cui i fisici si servono ogni giorno e a cui conferiscono un’alta credibilità.

Ologramma
Schema di funzionamento della tecnologia olografica tradizionale.

L’ologramma a bit quantistici e la curvatura

La premessa sul principio olografico è fondamentale per capire come hanno fatto i fisici del California Institute of Technology a creare un wormhole quantistico. Il principio, infatti, dice che il continuo spazio-temporale descritto dalla relatività generale è in realtà un sistema quantistico di particelle sotto mentite spoglie.

Il wormhole quantistico è emerso come un ologramma da bit quantistici di informazioni, o qubit, immagazzinati in minuscoli circuiti superconduttori. Questi quibit sarebbero la sorgente bidimensionale da cui viene creato l’ologramma tridimensionale del wormhole.

A differenza di un normale ologramma, il wormhole non è qualcosa che possiamo vedere. Sebbene possa essere considerato “un filamento di spazio-tempo reale”, secondo il coautore Daniel Jafferis dell’Università di Harvard, sviluppatore principale del protocollo di teletrasporto del wormhole, non fa parte della stessa realtà in cui abitiamo noi e il computer. Il principio olografico afferma che le due realtà, quella con il wormhole e quella con i qubit, sono “versioni alternative della stessa fisica”.

Cosa intendiamo dicendo che il wormhole non fa parte della stessa realtà in cui viviamo noi

Fondamentalmente, il wormhole olografico nell’esperimento, consiste in un diverso tipo di spazio-tempo rispetto allo spazio-tempo del nostro Universo. Lo spazio-tempo infatti, ha diverse proprietà che lo caratterizzano, tra cui la curvatura, che può essere:

  • Nulla. Corrisponde a un Universo “piatto”, in cui lo spazio segue la geometria euclidea. In questa geometria due raggi di luce paralleli non si incontrano mai, se non all’infinito, e la somma degli angoli interni di un triangolo è di 180°.
  • Positiva. La geometria è quella ellittica e in essa due raggi di luce paralleli si possono incontrare in qualche punto nel futuro. La somma degli angoli interni del triangolo è minore di 180°.
  • Negativa. In questo caso, la geometria è detta iperbolica: i raggi divergono e la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di 180°.

Naturalmente, dato che curvature diverse generano geometrie diverse, le leggi fisiche cambiano a seconda della curvatura. Secondo le misurazioni dei cosmologi, il nostro Universo ha una curvatura positiva. Il wormhole quantistico creato in laboratorio, tuttavia, è stato prodotto in una realtà a curvatura negativa.

L’Universo reale, o spazio de Sitter, e lo spazio anti-de Sitter

L’Universo reale con curvatura positiva è detto spazio de Sitter, e può essere visto come una sorta di gigantesca sfera in continua crescita, spinta verso l’esterno dalla propria energia positiva. Infatti, dalle osservazioni emerge che l’universo è in espansione accelerata e associamo questa espansione alla “spinta” dell’ energia oscura. Al contrario, uno spazio a curvatura negativa è infuso di energia negativa ed è chiamato spazio anti-de Sitter (AdS), risultante da una differenza nel segno di una costante nelle equazioni della relatività generale. È proprio questa energia negativa che conferisce allo spazio una geometria di tipo iperbolico.

Negli anni ’90 Juan Maldacena, ora fisico teorico della gravità quantistica all’Institute for Advanced Study di Princeton, ha scoperto che lo spazio AdS è, in effetti, un universo olografico. Pare infatti che lo spazio-tempo e la gravità all’interno di un universo AdS, che è chiuso e ha un confine esterno, corrispondano esattamente alle proprietà di un sistema quantistico sul bordo di esso.

Spazio anti de Sitter
Rappresentazione della geometria a iperboloide di uno spazio anti-de Sitter.

Mentre studiava i collegamenti tra spazio-tempo dinamico e sistemi quantistici, Maldacena fece una nuova scoperta sui wormhole. Stava studiando un particolare modello di entanglement che coinvolge due insiemi di particelle, dove ogni particella in un set è entangled con una particella nell’altro. Maldacena ha dimostrato che questo stato corrisponde a una coppia di buchi neri nello spazio AdS i cui interni sono collegati tramite un wormhole. Da qui, la corrispondenza ER = EPR potrebbe testimoniare che forse un wormhole collega ogni coppia di particelle entangled nell’Universo, forgiando una connessione spaziale che “registra” le loro storie condivise.

Come siamo arrivati ai computer quantistici

Per decenni l’aumento della potenza dei computer è andato di pari passo con la miniaturizzazione dei circuiti elettronici. Questa si è però fermata alle soglie della meccanica quantistica, che è stata trasformata in un’opportunità per realizzare macchine con una potenza di calcolo enormemente superiore ai computer convenzionali: i computer quantistici.

Al posto dei bit, unità d’informazione binaria indicate convenzionalmente con le cifre 0 e 1, nei computer quantistici si usano i qubit, elementi base dell’informazione quantistica, codificati dallo stato quantistico in cui si trova una particella o un atomo. A rendere interessanti, ai fini del calcolo, le particelle atomiche e subatomiche è il fatto che possono esistere anche in una sovrapposizione di stati, ampliando enormemente le possibilità di codifica delle informazioni. Ciò consente di affrontare con più facilità problemi estremamente complessi.

La proprietà che definisce un computer quantistico è l’abilità di trasformare gli stati di memoria classici in stati di memoria quantistici, e viceversa. Il computer quantistico, infatti, deve completare il proprio calcolo dando un output classico, per permetterci di interpretare facilmente risultati e soluzioni. Per produrre questi output classici, il computer quantistico è forzato a misurare parti della memoria a vari momenti durante la computazione. Il processo di misura è intrinsecamente probabilistico, il che significa che l’output di un algoritmo quantistico è spesso casuale.

La scoperta del wormhole olografico

Quando il fisico Daniel Jafferis ha ascoltato la conferenza di Maldacena su ER = EPR nel 2013, si è reso conto che la dualità dovrebbe consentire di progettare wormhole su misura adattando il modello di entanglement. Il ricercatore ha immaginato di mettere insieme un filo o qualsiasi altra connessione fisica tra i due gruppi di particelle aggrovigliate che codificano le due bocche di un wormhole. Con questo tipo di accoppiamento, operare sulle particelle da un lato indurrebbe modifiche alle particelle dall’altro, forse aprendo il wormhole tra di loro.

Tornato ad Harvard, assieme allo studente Ping Gao e al ricercatore Aron Wall calcolò che, in effetti, accoppiando due insiemi di particelle entangled, è possibile eseguire un’operazione sull’insieme di sinistra che, nella doppia immagine dello spazio-tempo di dimensione superiore, tiene aperto il wormhole che conduce alla bocca destra e vi fa passare un qubit.

Dopo aver ripercorso alcuni concetti fisici particolarmente ostici, affronteremo in un terzo e ultimo articolo, in uscita mercoledì 21 dicembre, l’esperimento sul wormhole quantistico effettuato dai ricercatori americani, per comprendere appieno la sua importanza nel campo della fisica teorica e delle applicazioni spaziali.

Sempre Mercoledì 21 dicembre concluderemo la trattazione di questo argomento con una live, assieme al fisico Cristiano De Nobili, a partire dalle 20:45:

Questo articolo è stato scritto in collaborazione con Mariasole Maglione.

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Tags: energia negativagravitàgravità quantisticameccanica quantisticaolografiaponte di Einstein-Rosenrelativitàwormhole

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