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Si muove il razzo più grande mai costruito dall’uomo. I progressi di Starship

Andrea D'Urso di Andrea D'Urso
Agosto 6, 2021
in Approfondimento, I progressi di Starship, News, Rubriche, Space economy, SpaceX
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In un luglio privo di lanci SpaceX ha direzionato tutta la sua forza lavoro verso Starbase, accelerando così i lavori. Oltre alle infrastrutture a supporto dei lanci verso l’orbita terrestre, l’azienda ha ripreso la costruzione di nuovi prototipi sia di Super Heavy che di Starship. Abbiamo così avuto la dimostrazione di quanto le tecniche e le procedure per la loro realizzazione siano state migliorate, con razzi assemblati in brevissimo tempo. Musk nell’ultimo periodo sembra sempre più generoso, regalandoci molti scatti dall’interno della base e nuove informazioni riguardanti lo sviluppo del progetto. Ecco quindi cosa è accaduto nel solo mese di luglio, dopo esserci lasciati con l’arrivo del Booster 3 al pad di test.

Il primo ruggito di un Super Heavy

Il prototipo denominato Booster 3 è il primo Super Heavy che SpaceX ha trasportato al pad per eseguire dei test. Il 2 luglio gli operai lo hanno installato sul pad A e hanno iniziato subito  ad effettuare le prime prove. Le differenze tra i serbatoi della Starship e quelli del Super Heavy non sono molte. Cambiano le dimensioni ed alcune componenti. Il booster infatti, non è dotato di header tank, mentre la struttura a cui sono agganciati i motori della Starship ne può ospitare solo 6.

Come accaduto con le prime SN, anche sul Booster 3 la prima prova è stata la pressurizzazione dei serbatoi a temperatura ambiente. Successivamente la tenuta dei serbatoi è stata verificata utilizzando azoto a temperature criogeniche. Sicuri dell’assenza di perdite, gli operai hanno potuto così installare 3 motori Raptor. Questi sono identificati con i numeri di serie RC 57, 59 e 62. La sigla RC indica i Raptor Center, ovvero i motori posti nell’anello interno. Il 20 luglio SpaceX ha caricato i serbatoi del Booster 3 con ossigeno e metano, entrambi allo stato liquido, ed avviato i motori per pochi secondi. Questo static fire test rappresenta la prima accensione dei Raptor su un prototipo di Super Heavy.

Subito dopo tale prova, Musk aveva ipotizzato di ripeterlo ma montando ben 9 motori. Il Booster 3 infatti non è stato costruito per volare, ma potrebbe comunque ospitare 29 Raptor. Nei giorni successivi al test però, tutti i motori sono stati rimossi e sembrerebbe che SpaceX voglia abbandonare questo Super Heavy per dedicarsi completamente alla versione successiva, il Booster 4.

Analisi del Super Heavy che vedremo volare

In circa due settimane i lavoratori stanziati a Boca Chica sono riusciti ad assemblare tutte le componenti che formano il nuovo Super Heavy, chiamato Booster 4. A differenza del suo predecessore però, questo avrà un compito molto importante: portare la Starship numero 20 in orbita. Il nuovo prototipo infatti è dotato di tutti gli strumenti che gli consentiranno di volare, rilasciare il secondo stadio e poi fare ritorno. Il rientro però non è previsto sulla terraferma ma avverrà in mare, per evitare di danneggiare il pad durante la prima prova.

Le grid fins

Il Booster 4 è il primo a montare le 4 grid fins che, come per il Falcon 9, serviranno a manovrare il razzo durante il rientro. Sono realizzate in acciaio come il resto del booster ed ognuna ha un peso di circa 3 tonnellate. Le differenze con le griglie del Falcon 9 sono però molte. Oltre ad essere di materiale differente e molto più grandi, le griglie del Super Heavy non verranno ripiegate sul fianco del razzo. Non creando grossi problemi legati all’aerodinamica ed alla stabilità del booster, e avere le griglie sempre aperte consente a SpaceX di non dover montare un ulteriore meccanismo mobile, che aggiungerebbe peso e potrebbe rompersi.

Le Grid Fins poste sulla cima del Super Heavy BN4. Credits: Elon Musk.
Le Grid Fins poste sulla cima del Super Heavy BN4. Credits: Elon Musk.

Se sul Falcon 9 le grid fins sono mosse mediante un sistema idraulico, sul Super Heavy il compito è affidato a degli attuatori elettrici. SpaceX infatti utilizza i motori della Tesla Model 3 opportunamente modificati per ruotare le griglie e manovrare il booster. Come per la Starship, tali motori saranno alimentati dai pacchi batterie sempre utilizzati per le Model 3. Gli ingegneri stanno lavorando per ottimizzare tali batterie all’utilizzo sul Super Heavy in modo da ridurne il peso. Inoltre, le grid fins, invece di essere distanziate di 90 gradi una dall’altra, sul Super Heavy sono separate una dall’altra di 120 e 30 gradi. In questo modo si hanno due coppie di griglie più vicine tra loro e ciò facilita il movimento di beccheggio.

29 Raptor

La spinta per portare la Starship in orbita verrà fornita dai 29 Raptor del Super Heavy. Con il Booster 4 SpaceX ha montato per la prima volta un numero così elevato di motori su un unico razzo. Questi sono stati tutti agganciati al prototipo in sole 12 ore tra l’1 ed il 2 agosto. Si è trattata di una prova da parte dell’azienda affinché i tecnici facciano esperienza in operazioni di questo tipo, in modo da renderle più veloci. Inoltre serviva per verificare il corretto accoppiamento di tutti gli elementi.

È molto probabile che prima di iniziare la campagna di test i Raptor vengano rimossi, per poi essere montati successivamente un po’ alla volta. Inoltre, sembrerebbe che alcuni di questi motori non siano adatti al volo. SpaceX non effettuerà quindi direttamente uno static fire test con 29 motori, ma procederà per gradi, aumentando gradualmente tale numero.

I 29 motori Raptor montati sul BN4. Credits: NASASpaceFlight
I 29 motori Raptor montati sul BN4. Credits: NASASpaceFlight

La versione finale del Super Heavy sarà dotata di 33 Raptor e per costruire molti booster è fondamentale che SpaceX aumenti la produzione dei motori. Per fare questo presto inizieranno i lavori per la realizzazione di una fabbrica dedicata alla costruzione di questi motori. La struttura si troverà anch’essa in Texas, a McGregor, e produrrà i Raptor ottimizzati per il volo in atmosfera. I motori per il vuoto e le versioni sperimentali continueranno ad essere costruiti in California. L’obbiettivo è quello di assemblare dai 2 ai 4 Raptor al giorno. Nel frattempo, nella sede di SpaceX il 26 luglio i dipendenti hanno festeggiato la costruzione del centesimo Raptor, che successivamente è stato spedito al sito di test.

Gli ingegneri sono al lavoro per sviluppare una seconda versione di questo motore, che genererà 230 tonnellate di spinta ed una pressione, nella camera di combustione, di 298 bar. Il loro costo dovrebbe aggirarsi sui 230 mila dollari. Il 4 agosto il Booster 4 è stato posizionato sul pad orbitale, mostrando nel dettagli i motori. Attualmente per loro non è prevista una protezione, con tutte le componenti lasciate esposte. Ciò agevola la gestione delle alte temperature, ma espone i Raptor a possibili danni.

Motori di manovra

Inizialmente sembrava che per controllare l’assetto del Super Heavy, SpaceX stesse sviluppando un nuovo tipo di motori. Questi sono denominati hot gas thruster, in quanto sono dei veri e propri motori che utilizzano metano ed ossigeno come combustibile. Si differenziano dagli RCS (Reaction Control System) ad azoto, e quindi a gas freddo, utilizzati ad esempio sul Falcon 9. Tramite piccole accensioni di questi motori, il booster è in grado di controllare e mantenere il proprio assetto, oltre ad utilizzare i Raptor centrali in grado di direzionare la spinta. SpaceX però sembrerebbe aver subito scartato tale idea, in quanto aggiunge molta complessità all’intero sistema.

Per manovrare il Booster 4 ed i futuri Super Heavy l’azienda ha adottato una strategia molto più semplice: sfruttare il venting dei serbatoi. Una volta che l’ossigeno ed il metano, entrambi allo stato liquido, vengono immessi all’interno dei serbatoi del razzo, questi iniziano a scaldarsi passando allo stato gassoso. Tali gas devono essere spurgati, altrimenti la pressione nei serbatoi aumenterebbe troppo e rischierebbe di far esplodere il razzo. Tale processo prende appunto il nome di venting. SpaceX utilizzerà questi gas in eccesso, direzionandoli opportunamente, per generare delle spinte e manovrare il booster, come avviene con gli RCS.

Le strutture a supporto dei futuri lanci

Non serve solamente un razzo molto potente per uscire dall’atmosfera terrestre, ma anche delle infrastrutture che permettano a tale mezzo di partire. SpaceX ha avviato negli ultimi mesi la costruzione di una serie di infrastrutture adatte proprio a permettere i viaggi nello spazio. Le strutture principali sono tre: il pad di lancio, la torre ed i serbatoi.

Un anello per ghermirli

Il pad orbitale è composto da 6 colonne e da una struttura ad anello denominata launch table. Quest’ultima ha raggiunto il sito di test il 28 luglio, dopo essere stata assemblata al sito di costruzione, operazione che ha richiesto molto tempo.  Per sollevare la struttura, dal peso di 370 tonnellate, e posizionarla correttamente sui pilastri gli operai hanno dovuto utilizzare le due gru presenti al sito di test.

La posa del launch table sul pad orbitale. Credits: Elon Musk.
La posa del launch table sul pad orbitale. Credits: Elon Musk.

Questo anello è dotato di diversi pistoni idraulici che muovono i supporti per il razzo e che tengono quest’ultimo ancorato al suolo. Dal launch table inoltre passeranno la maggior parte delle tubazioni sia per il rifornimento del Super Heavy che per il sistema di soppressione del rumore.

Una torre per domarli

La torre servirà per posizionare la Starship sul Super Heavy e catturare quest’ultimo al volo. In totale la struttura è formata da 9 sezioni, con un’altezza poco superiore a 140 metri. Le ultime due sezioni sono più piccole rispetto alle altre e dotate di pulegge che probabilmente formeranno la gru per il sollevamento della Starship e supporteranno i bracci, in grado di muoversi per poter catturare al volo il Super Heavy. Tale operazione permetterebbe a SpaceX di rendere il booster più leggero, in quanto sarebbe privo di gambe di atterraggio. Inoltre consentirebbe un riutilizzo più veloce.

I dettagli di tale manovra non sono ancora stati resi pubblici. Lo Stesso Musk ha dichiarato che stanno eseguendo diverse simulazioni al computer ed aspetta di avere buoni risultati prima di condividerli. La cattura avverrà lateralmente e non direttamente sopra il pad, per evitare di danneggiarlo durante tale operazione. I bracci della torre, che ormai Musk ha soprannominato Mechazilla, verrano utilizzati anche per posizionare il Super Heavy sul pad.

Questa torre rischia di scatenare una nuova diatriba tra SpaceX e la Federal Aviation Administration. L’azienda di Musk infatti ha avviato la sua costruzione senza avere il via libera da parte dell’agenzia americana e questo potrebbe creare non pochi problemi. La FAA infatti sta revisionando i progetti ed effettuando alcune analisi legate all’impatto ambientale che avranno le diverse strutture. Se tali permessi dovessero essere negati, l’agenzia potrebbe addirittura chiedere a SpaceX di smantellare la torre. Oltre a questi permessi, sono assenti anche quelli per il volo orbitale, quindi per ora il Starship e Super Heavy sono costretta a terra anche per questo motivo.

Mechazilla Catching Super Heavy.#SpaceX #Starship @elonmusk pic.twitter.com/BR7zUuFkUA

— Erc X (@ErcXspace) August 3, 2021

E nel buio rifornirli

Il solo Super Heavy partirà con un carico di propellenti pari a 3600 tonnellate, di cui il 78% è rappresentato dall’ossigeno liquido. Per rifornire i due razzi SpaceX necessita quindi di serbatoi molto capienti che l’azienda ha deciso di costruire autonomamente. Denominati GSE (Ground Support Equipment) sono costruiti in modo pressoché identico ai due razzi, ovvero utilizzando anelli di acciaio inossidabile. Il 28 luglio l’azienda ha effettuato diversi spostamenti tra il sito di test e quello di costruzione. Tra le diverse consegne vi era anche un nuovo GSE. Sale così a tre il numero di serbatoi installati sulle loro postazioni in cemento.

La tanto attesa Ship20

È da ormai diversi mesi che sentiamo parlare della Starship numero 20, ormai denominata Ship20 per rendere più chiara la nomenclatura dei prototipi. Musk aveva dichiarato che i grandi cambiamenti e le maggiori migliorie al progetto si sarebbero visti prima con la Starship 15 e successivamente con la 20. Questa inoltre sarebbe stata la prima dotata di tutti i sistemi per raggiungere l’orbita terrestre. Tali parole sono state twittate da Musk a fine marzo di quest’anno ed ora finalmente abbiamo l’occasione di osservare il nuovo prototipo.

La Starship SN20 senza il suo Nose Come. Credits: NASASpaceflight.
La Starship SN20 senza il suo Nose Come. Credits: NASASpaceflight.

L’elemento visivo che più risalta rispetto alle Starship precedenti è lo scudo termico. Per la prima volta infatti un prototipo viene dotato di scudo termico completo, con un lato della Starship interamente ricoperto dalle mattonelle esagonali. Nei pressi degli attacchi delle 4 ali lo scudo termico è stato esteso andando a ricoprire anche una parte del lato sottovento. In queste particolari zone infatti, il plasma generato dall’impatto della Starship contro l’atmosfera risale lungo il lato opposto del razzo. Proprio per evitare altri problemi legati al plasma, tra le mattonelle e l’acciaio è stato posto un materiale isolante, già testato sui prototipi precedenti. Questo servirà per evitare la circolazione del plasma tra le fessure delle mattonelle, oltre a fornire una ulteriore protezione termica.

Per la prima volta inoltre, SpaceX ha dotato un prototipo di Starship di tutti e 6 i motori Raptor. Come nel caso del Booster 4, anche questi sono stati montati per verificare che tutte le parti combacino senza problemi. La Ship20 è la prima quindi che porterà con se anche 3 RVac (Raptor Vacuum), ovvero i motori con l’ugello di scarico molto più grande ottimizzato per operare nel vuoto. Al centro invece ci sono i 3 Raptor per il volo in atmosfera e che serviranno per la fase di rientro.

I sei motori Raptor montati sulla Starship SN20. Quelli con l'ugello più ampio (in giallo) sono gli RVac. Credits: Elon Musk
I sei motori Raptor montati sulla Starship SN20. Quelli con l’ugello più ampio (in giallo) sono gli RVac. Credits: Elon Musk

Nella giornata del 5 agosto, SpaceX ha poi trasportato la Ship20 al pad di lancio. La Starship è stata spostata mentre il suo scudo termico non era ancora completato. Sicuramente è un’operazione che può essere fatta anche al sito di lancio e quindi il trasporto è stato una manovra per ottimizzare i tempi, avere tutto l’hardware necessario al primo volo orbitale già al pad, e procedere alla costruzione delle Starship successive a Starbase.

Progetti futuri

Bisogna ricordare che la Starship è un secondo stadio e come avviene con altri razzi, il suo compito è rilasciare i carichi in orbita. Ciò avverrà nella sua configurazione Cargo, a differenza di quanto accadrà con quella per il trasporto umano. Per fare ciò quindi il nose cone della Starship necessita di un portellone in grado di aprirsi per liberare poi i satelliti. A Starbase hanno realizzato un primo modello di nose cone privato di una sezione, per effettuare i primi test strutturali e verificarne il design. La forma del portellone e la dimensione finale è ancora in fase di studio, in quanto deve permettere di rilasciare i satelliti agevolmente. La Starship ha un volume di carico pari a circa 1000 metri cubi.

Per poter realizzare molti più prototipi di Starship e Super Heavy velocemente, a Starbase presto inizieranno a costruire un nuovo High Bay. A differenza di quello attualmente utilizzato per assemblare il Super Heavy, la nuova struttura sarà leggermente più alta ma avrà una base molto più ampia e due gru a ponte. In questo modo l’edificio potrà contenere più prototipi, permettendo così agli operai di assemblarne un numero maggiore.

I progressi di Starship è una rubrica di aggiornamento sul progetto Starship di SpaceX, progettata e scritta da Andrea D’Urso e viene pubblicata il giorno 5 di ogni mese.

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Tags: I progressi di StarshipSpaceXStarbaseStarship

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