Una recente pubblicazione sul Journal of Geophysical Research riporta i risultati dello studio sullo scioglimento del ghiaccio polveroso su Marte. I dati raccolti dalla sonda della Nasa, la Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), hanno permesso di rivelare la presenza di ghiaccio nella zona equatoriale del pianeta, dove in realtà dovrebbe essere sciolto. Questa scoperta potrebbe dimostrare la teoria secondo cui i canali marziani si sono formati a seguito dello scioglimento di questi ghiacciai nascosti dalla polvere.
Philip Christensen, geologo e professore presso l’Arizona State University (ASU), aveva da tempo teorizzato che fosse il ghiaccio polveroso, simile alla neve sporca sulla Terra, a formare i famosi canali di Marte. Questa teoria, supportata a suo tempo da simulazioni al computer, oggi è ulteriormente sostenuta dalle osservazioni svolte da Aditya Khuller, studente di dottorato e laureato alla School of Earth and Space Exploration dell’ASU. Khuller ha infatti analizzato immagini ad alta risoluzione dei canaloni precedentemente studiati dal professore, osservando degli importanti cambiamenti. Dei depositi luminosi nelle gole, che non risultavano dalle analisi precedenti ma che si trovano proprio nelle posizioni indicate da Christensen vent’anni prima, sono riconducibili all’acqua ghiacciata nascosta dalla polvere del suolo marziano.
L’origine dei canali di Marte
I canali marziani sono delle formazioni geomorfologiche del Pianeta Rosso, apparentemente molto simili a quelle terresti, individuate per la prima volta da Giovanni Virgilio Schiaparelli alla fine del ‘800. Da allora sono state formulate diverse teorie sulla loro origine, tra cui anche quella sostenuta dall’astronomo Percival Lowell secondo cui i canali sarebbero un’opera artificiale progettata da forme di vita intelligente per gestire le risorse idriche del pianeta.

Ad oggi, tuttavia, la loro formazione non è ancora del tutto chiara. La teoria che riteneva l’acqua liquida responsabile della formazione di queste gole è stata accantonata poiché successivi studi hanno dimostrato che potrebbero essersi formate a seguito di diversi meccanismi, che non vedono l’H2O come protagonista. Tra le teorie più plausibili troviamo quella legata alla sublimazione stagionale della CO2 ghiacciata, che spiega i continui mutamenti morfologici osservati nel corso dei decenni.
Questo processo però non è responsabile dell’origine di tutti i canali marziani e, ad oggi, l’ipotesi di Christensen sembra aver dimostrato di non essere pronta ad essere scartata. Insieme a Khuller, il professore ha in programma di sviluppare delle simulazioni per studiare il cambiamento di questi ghiacciai, continuando a documentarne la struttura per renderli possibili bersagli per le future missioni marziane.
Ghiaccio e polvere: la miscela adatta alla vita
La scoperta del cosiddetto ghiaccio polveroso non è una novità. Già da anni, infatti, depositi di ghiaccio d’acqua sono stati rivelati sotto una polverosa crosta superficiale alle medie latitudini di Marte. Le immagini satellitari e i dati raccolti dalla Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) hanno permesso non solo di distinguere i ghiacciai dal resto del suolo marziano, ma anche di confermare la loro natura di ghiacciai d’acqua – e quindi non di anidride carbonica.

Quello che stupisce in questa ricerca però è la scoperta di questi ghiacciai all’equatore, la zona più calda del pianeta. Questo fattore aumenta la possibilità che d’estate, all’interno di questi depositi, giacciano piccole quantità d’acqua in grado di ospitare la vita.
“Per decenni, gli scienziati hanno cercato luoghi su Marte dove potrebbe esserci acqua” ha detto Khuller. “Riteniamo che questi depositi di ghiaccio polveroso siano i migliori candidati per cercare piccole quantità di acqua liquida a poca profondità dalla superficie e quindi luoghi potenzialmente ideali per qualsiasi vita sopravvissuta su Marte”. Lo strato polveroso di Marte potrebbe non essere arido come sempre ma nascondere molti più tesori di quelli che ci si aspetta.
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