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La Dark Energy Camera ha fotografato la “Mano di Dio”

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Maggio 9, 2024
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza
CG 4, un globulo cometario soprannominato "Mano di Dio", uno dei tanti presenti nella Via Lattea, in un'immagine catturata dalla Dark Energy Camera montata sul telescopio da 4 metri Víctor M. Blanco dell'Osservatorio interamericano di Cerro Tololo. La sua testa polverosa e la coda lunga e debole ricordano vagamente l'aspetto di una comet. Credits: CTIO/NOIRLab/DOE/NSF/AURA, Rettore TA, D. de Martin e M. Zamani

CG 4, un globulo cometario soprannominato "Mano di Dio", uno dei tanti presenti nella Via Lattea, in un'immagine catturata dalla Dark Energy Camera montata sul telescopio da 4 metri Víctor M. Blanco dell'Osservatorio interamericano di Cerro Tololo. La sua testa polverosa e la coda lunga e debole ricordano vagamente l'aspetto di una comet. Credits: CTIO/NOIRLab/DOE/NSF/AURA, Rettore TA, D. de Martin e M. Zamani

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Nella Via Lattea abbiamo osservato diversi globuli cometari, nubi isolate di polvere e gas molto denso che mostrano una testa polverosa e una lunga e debole coda, ricordando vagamente l’aspetto di una cometa. Uno dei più interessanti è la cosiddetta “Mano di Dio“.

Si tratta di CG 4, a circa 1300 anni luce dalla Terra. Ha una struttura che assomiglia a una scura mano spettrale, che emerge dal mezzo interstellare e si allunga verso le stelle del cosmo; da qui, il soprannome. Si trova all’interno di un’enorme nube di gas incandescente chiamata nebulosa di Gum, nella costellazione Poppa dell’emisfero australe, che contiene altri 31 globuli cometari oltre a CG 4.

Di recente, CG 4 è stato immortalato in dettaglio dalla Dark Energy Camera (DECam) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, montata sul telescopio Victor M. Blanco presso il Cerro Tololo Interamerican Observatory. Con il suo filtro idrogeno-alfa, DECam è riuscita a immortalare il debole bagliore rosso dell’idrogeno ionizzato presente all’interno della testa di CG 4 e attorno al suo bordo, prodotto quando l’idrogeno si eccita dopo essere stato bombardato dalla radiazione proveniente dalle vicine stelle calde e massicce.

I globuli cometari (che con le comete non hanno nulla in comune)

I globuli cometari sono una sottoclasse delle nebulose oscure conosciute come globuli di Bok, nubi isolate di denso gas cosmico e polvere circondate da materiale caldo e ionizzato. Quando in queste nubi parte del materiale sta scivolando via e risulta in una coda estesa, esse vengono chiamate globuli cometari, sebbene non abbiano nulla in comune con le comete.

Un globulo di Bok all'interno della famosa nebulosa della Carena. Credits: Hubble, NASA/ESA
Un globulo di Bok all’interno della famosa nebulosa della Carena. Credits: Hubble, NASA/ESA

I globuli cometari non sono mai stati rilevati prima del 1976, quando sono stati riconosciuti per la prima volta dalle immagini scattate con il telescopio Schmidt in Australia. Si tratta infatti di nubi che brillano molto debolmente: le code, avvolte nella polvere stellare, bloccano il passaggio della maggior parte della luce.

Per riuscire a fotografarli e caratterizzarli serve strumentazione apposita. In particolare gli 11 filtri a banda stretta della DECam, con un diametro di 62 centimetri che li rende tra i più grandi in funzione, sono molto adatti a questo tipo di osservazioni. Realizzare filtri a banda stretta di queste dimensioni che funzionino in strumenti ad ampio campo come DECam rappresenta una sfida tecnica significativa, perciò la camera è veramente unica nel suo genere.

La “Mano di Dio”

La nuova bellissima immagine ottenuta con la DECam grazie al filtro idrogeno-alfa testimonia che CG 4 è decisamente un globulo cometario. La sua testa polverosa, con diametro di 1.5 anni luce, e la sua coda lunga e debole, lunga circa 8 anni luce, rendono la “Mano di Dio” un globulo di Bok relativamente piccolo, una caratteristica generale dei globuli cometari.

L’intensa radiazione generata dalle stelle massicce vicine sta gradualmente distruggendo la testa del globulo e spazzando via le minuscole particelle che diffondono la luce stellare. Tuttavia, la nube polverosa di CG 4 contiene abbastanza gas per alimentare la formazione attiva di diverse nuove stelle delle dimensioni del Sole.

Primo piano di CG 4 che sembra sul punto di divorare la galassia a spirale ESO 257-19 (PGC 21338). In realtà questa galassia si trova a più di cento milioni di anni luce oltre CG 4 e sembra essere vicina solo a causa di un allineamento casuale. Vicino alla testa del globulo cometario ci sono due giovani oggetti stellari (YSO). Credits: CTIO/NOIRLab/DOE/NSF/AURA, Rettore TA, D. de Martin e M. Zamani
Primo piano di CG 4 che sembra sul punto di divorare la galassia a spirale ESO 257-19 (PGC 21338). In realtà questa galassia si trova a più di cento milioni di anni luce oltre CG 4 e sembra essere vicina solo a causa di un allineamento casuale. Vicino alla testa del globulo cometario ci sono due giovani oggetti stellari (YSO). Credits: CTIO/NOIRLab/DOE/NSF/AURA, Rettore TA, D. de Martin e M. Zamani

Come si formano queste strutture? Forse siamo vicini a capirlo

Non è ancora noto il meccanismo che porti questi oggetti ad assumere una forma così simile a quella di una cometa, e strutture così peculiari. Gli astronomi però, nel corso del tempo, hanno sviluppato due idee principali sulla loro origine.

  1. Originariamente avrebbero potuto essere nebulose sferiche, come la famosa nebulosa Anello. Poi sarebbero state distrutte da un’esplosione di supernova nelle vicinanze. Nel caso di CG 4, forse l’esplosione originale che creò la nebulosa di Gum.
  2. I globuli cometari potrebbero essere modellati da una combinazione di venti stellari e pressione di radiazione proveniente da stelle massicce e calde vicine. In effetti, tutti i globuli cometari trovati all’interno della nebulosa di Gum sembrano avere code che puntano lontano dal centro della nebulosa. Qui si trovano i resti di una supernova e in particolare la pulsar delle Vele, una stella di neutroni in rapida rotazione che si è formata dal collasso di una stella massiccia. Quindi è possibile che i suoi venti stellari e la pressione di radiazione stiano modellando i globuli vicini.

Gli scienziati sperano che immagini come quella della DECam (qui un tool per zoomarla) possano svelare nuovi indizi e aiutarli a comprendere la vera origine di questi misteriosi oggetti.

© 2024 Astrospace.it Tutti i diritti riservati. Questo articolo può essere riprodotto o distribuito integralmente solo con l’autorizzazione scritta di Astrospace.it o parzialmente con l’obbligo di citare la fonte.
Tags: DECamglobuli di Bokmano di DioNebulosa

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