Approfondimento
| On 2 anni ago

La guida ai Cubesat che andranno nello spazio a bordo di Artemis 1

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Artemis 1 sarà il volo inaugurale del vettore SLS e della navicella Orion ma non solo segna l’inizio del programma Artemis, ma anche l’alba di un nuovo approccio all’esplorazione spaziale. A bordo del razzo della NASA ci saranno infatti dieci cubesat, piccoli satelliti di dimensione paragonabile ad un forno a microonde che svolgeranno attività di dimostrazione tecnologica e scienza nell’orbita lunare, ma non solo.

L’opportunità di far volare dei satelliti assieme ad Orion, è nata nel 2015 per garantire un accesso all’orbita lunare per università e aziende più piccole. L’agenzia americana mette a disposizione diversi slot da 6U, una dimensione standardizzata per i cubesat, in cui una “U” o unità, indica le dimensioni di 100x100x100 mm. Un cubesat di 6U è quindi formato da sei diversi cubi di una unità. Solitamente le dimensioni sono di 300x200x100 mm. 

Dove sono e quando verranno rilasciati i cubesat?

I 10 cubesat di Artemis 1 attualmente si trovano a bordo dell’SLS da quasi un anno e sono integrati sopra il secondo stadio del razzo, anche chiamato ICPS. In particolare si trovano all’interno di un adattatore, chiamato Orion Stage Adapter, che connette il secondo stadio alla capsula Orion. I satelliti, disposti circolarmente sulla superficie interna dell’adattatore, sono alloggiati individualmente in appositi meccanismi di rilascio.

Dopo il distacco della Orion dal secondo stadio inizierà una sequenza di sgancio molto precisa che durerà poco più di 5 ore. I primi cinque cubesat sono rilasciati contemporaneamente dagli slot dopo 3:40 ore dal decollo del razzo, seguono i restanti cinque, separati uno alla volta ad intervalli più costanti. L’operazione si concluderà dopo 8 ore e tre minuti dal decollo di SLS, con la partenza dell’ultimo satellite chiamato CuSP.

La posizione dei 10 cubesat a bordo di Artemis 1 e la timeline del rilascio Con i colori grigio, azzurro e rossi è evidenziato lo scopo principale del cubesat. Credit: NASA

Inizialmente la NASA intendeva lanciare altri quattro cubesat oltre gli attuali, tuttavia i tre team responsabili di questi progetti non sono stati in grado di rispettare la scadenza del 21 ottobre 2021. In questa data infatti, la Orion è stata posizionata spora al secondo stadio, rendendo fisicamente impossibile intervenire nell’adattatore del razzo, quindi aggiungere altri cubesat. Questo sarà è un elemento da tenere in considerazione anche per i satelliti a bordo del razzo. Essendo a bordo del razzo da quasi un anno, alcuni di essi non sono più stati caricati, e alla NASA si pensa che potrebbero non funzionare adeguatamente.

In particolare, il dubbio principale è sulla prima manovra che i cubesat dovranno eseguire in modo individuale: l’apertura dei propri pannelli solari. Essi permetteranno di caricare le batterie, ma questa prima operazione dovrà essere fatta con la carica rimasta. Nella seguente tabella sono contenuti tutti i cubesat a bordo, con l’indicazioni di quali sono stati caricati e quindi per i quali non ci sono grandi dubbi sul loro funzionamento.

La breve storia dei cubesat oltre l’orbita terrestre

Un dato che permette di apprezzare l’importanza quantitativa dei cubesat di Artemis 1, è il numero di questa tipologia di satelliti ad aver superato l’orbita terrestre finora. Fino ad oggi solo quattro Cubesat sono andati oltre l’ambiente spaziale intono al nostro pianeta. Di questi, i primi due sono stati lanciati solo nel 2018, ovvero i cubesat gemelli MarCO che hanno fornito dati in tempo reale dell’atterraggio della sonda marziana InSight.

Le restanti due missioni sono partite nel corso degli ultimi 12 mesi e di fatto non ancora in una fase operativa. L’ultimo cubesat in ordine di tempo a partire fa sempre parte del programma Artemis, CAPSTONE. Nel novembre 2021 invece è stato lanciato LiciaCube, parte della più grande DART, una missione che intende modificare i parametri orbitali di un asteroide. LiciaCube è anche l’unico cubesat non americano ad uscire dall’orbita terrestre fino ad Artemis 1, in quanto è costruito dall’azienda italiana Argotec per l’ASI.

Nonostante ormai i Cubesat siano parte integrante e consolidata della New Space Economy, solamente negli ultimi anni si è compresa la loro possibile utilità in ambito interplanetario. Questo rende ancora più significativo il lavoro di Argotec, l’azienda italiana che con ArgoMoon, unico satellite europeo a bordo di Artemis 1, porterà un altro cubesat nell’esplorazione spaziale oltre l’orbita terrestre.

Le missioni nel dettaglio

Tra i 10 cubesat presenti, sette sono realizzati da aziende o enti di ricerca statunitensi. Due missioni, OMOTENASHI e EQUULEUS, sono dell’agenzia spaziale giapponese (JAXA); la seconda coinvolge anche l’università di Tokyo. Infine c’è ArgoMoon, l’unico satellite europeo a bordo, costruito sempre dall’azienda italiana Argotec per l’Agenzia Spaziale Italiana.

ArgoMoon

Il Cubesat italiano ArgoMoon sarà forse il più spettacolare di quelli a bordo della missione. Sarà il primo ad essere rilasciato, in virtù dei suoi obbiettivi. Lo scopo principale di ArgoMoon è infatti quello di rimanere vicino allo stadio ICPS, fotografarlo e riprendere il rilascio degli altri cubesat. Le immagini che realizzerà del secondo stadio in viaggio verso la Luna e del rilascio dei cubesat saranno storice e importanti. ArgoMoon testerà poi le comunicazioni fra la Terra e il Cubesat, oltre a fotografare anche la Terra e la Luna.

Un tecnico di Argotec al lavoro su ArgoMoon. Credits: Argotec.

Una delle novità principali di questo satellite è il software di bordo, sviluppato da Argotec. ArgoMoon infatti, una volta rilasciato nello spazio dovrà essere in grado d’individuare in modo automatico l’ICPS e muoversi in autonomia nelle sue vicinanze, mantenendo allo stesso tempo le due camere puntate sul secondo stadio. Questo verrà fatto grazie al software, che eseguirà un riconoscimento in tempo reale di quanto ripreso.

Il software di bordo sarà usato anche nella seconda parte della missione. Una volta completata la missione principale, il satellite accenderà più volte il suo motore, per immettersi in un orbita geocentrica ad alta eccentricità. Questo vuol dire che ArgoMoon sarà comunque in orbita attorno alla Terra, ma nel suo apogeo arriverà molto vicino alla Luna, tanto da riuscire a fotografarla con precisione. Rimarrà in questa posizione finché non si concluderà la missione con il naturale deperimento dell’orbita

BioSentinel

Realizzato dall’Ames Research Center, BioSentinel è l’unico cubesat di Artemis 1 dedicato alla biologia con a bordo dei ceppi di lievito (Saccharomyces cerevisiae) disposti in contenitori microscopici. Una volta che gli organismi non saranno protetti dal campo magnetico terrestre verranno usati per valutare gli effetti dell’ambiente spaziale sul DNA.

Schema del rivelatore e dell’ambiente in cui saranno disposti i lieviti.

Il satellite presenta infatti dei sensori ottici Led che misureranno diversi parametri sulla salute dei lieviti che accumulano danni da radiazioni come per esempio la crescita cellulare e il metabolismo. Tra gli obbiettivi secondari della missione c’è la verifica degli effetti di una tempesta solare o Solar Particle Event (SPE). BioSentinel segna anche un importante ritorno scientifico, ottenuto grazie al Programma Artemis: il primo esperimento della NASA sugli effetti biologici delle radiazioni oltre l’orbita terrestre bassa dopo l’ultima missione Apollo 17 del 1972.

CuSp

CuSP (CubeSat mission to study Solar Particles), è un cubesat dedicato allo studio della radiazione solare progettato e costruito dal Southwest Research Institute (SwRI). Il satellite presenta tre strumenti tra cui un sensore di ioni sovratermici (SIS) miniaturizzato, che studierà le fonti e i meccanismi di accelerazione delle particelle energetiche solari. Gli altri due strumenti sono MERiT, un rivelatore di protoni e elettroni, e un magnetometro, VHM.

EQUULEUS

Equilibrium Lunar-Earth point 6U Spacecraft o EQUULEUS è una missione sviluppata congiuntamente dalla JAXA con l’università Tokyo con obbiettivo principale lo studio del plasma presente nella magnetosfera terrestre. Un’altra missione primaria per il cubesat è la dimostrazione delle tecniche di controllo della traiettoria all’interno della regione Sole-Terra-Luna.

Al fine di compiere queste manovre per le traiettorie di bassa energia, EQUULEUS è dotato di un innovativo apparato propulsivo noto come AQUARIUS (AQUA ResIstojet propUlsion System), composto da otto propulsori che utilizzano circa 1.5 kg di acqua. In generale, la filosofia di design del veicolo si basa su COTS, ossia parti hardware che possono essere facilmente reperite sul mercato come per esempio l’orologio atomico di tipo CSAC.

Rappresentazione grafica di EQUULEUS con evidenziati gli strumenti. Credit: JAXA-ISAS

A bordo del satellite giapponese sono presenti tre strumenti. Il principale è PHOENIX, un telescopio in banda ultravioletta con apertura di 60 mm. PHOENIX osserva principalmente l’emissione ultravioletta estrema degli ioni di elio nella plasmasfera terrestre. Il secondo strumento è DELPHINUS, una fotocamera collegata al telescopio PHOENIX per osservare i flash da impatto lunare e gli asteroidi vicini alla Terra oltre ad altri possibili mini satelliti.

Infine c’è CLOTH, che misurerà il flusso d’impatti di meteoriti nello spazio cislunare tramite dei sensori per rivelare la presenza di polveri. I risultati di questo strumento possono essere di grande rilevanza per capire in che modo il costante impatto di oggetti sulla Luna può influire sulla futura presenza umana sul nostro satellite.

LunaH-Map

Sviluppato dall’università dell’Arizona, LunaH-Map è un cubesat con un due spettrometri a neutroni. Tramite l’ausilio di questi strumenti, gli scienziati osserveranno le regioni permanentemente in ombra della Luna per mappare l’idrogeno presente sulla superficie, in particolare nel polo sud lunare.

La sonda sarà collocata in un’orbita ellittica il cui perigeo sarà estremamente basso, tra 8-20 km. La vicinanza alla superficie è un esigenza nata dal fatto che i dati neutronici a bassa quota possono caratterizzare al meglio la distribuzione e la quantità di acqua lunare. Quest’ultimo è un dato di enorme interesse per il futuro utilizzo delle risorse in-situ da parte delle missioni umane che visiteranno la Luna.

Le tre fasi del viaggio di LunaH map.

Al fine di raggiungere la traiettoria desiderata, la sonda impiegherà 70 giorni per essere debolmente catturata dalla gravità lunare, tuttavia ci vorrà ancora un anno prima che LunaH-Map si stabilizzi nell’orbita scientifica finale, dove opererà per circa 60 giorni.

Lunar IceCube

Lunar IceCube è una piccola missione lunare progettata e coordinata dalla Morehead State University il cui scopo è la ricerca di depositi di ghiaccio utili per le future missioni Artemis. Il cubesat userà una fotocamera nell’infrarosso nota come Broadband InfraRed Compact High Resolution Exploration Spectrometer (BIRCHES). Lo strumento è una versione derivata e più piccola di una impiegata sulla New Horizons, progettata con un’alta risoluzione spettrale (5 nm) e con la gamma di lunghezze d’onda (da 1 a 4 µm) necessarie per distinguere diversi stati dell’acqua, come depositi di ghiaccio o acqua in fase liquida (che non ci sarà ovviamente sulla Luna). La missione integrerà il lavoro scientifico di altre missioni, come ad esempio l’Indiana Chandrayaan, concentrandosi sull’abbondanza e sullo studio della possibilità di trasporto dell’acqua.

 

LunIR

Il cubesat LunIR, o Lunar InfraRed imaging, è una missione di dimostrazione tecnologica coordinata da Lockheed Martin. Lo strumento principale del satellite è un sensore nell’infrarosso sviluppato dall’Optical Payload Center of Excellence, situato a Sunnyvale. Lo spettro infrarosso consentirà a LunIR di misurare l’emissione termica e la luce solare riflessa dal suolo lunare.

Il dispositivo mapperà la superficie lunare sia di giorno che di notte grazie all’ausilio di nuovi micro-cycooler. Questi dispositivi manterranno la temperatura dell’apparato ottico costante e consentiranno di operare la camera a temperature molto più alte del normale per questo tipo di osservazioni infrarosse. I piccoli crycooler vengono descritti da Lockheed come i più leggeri e di lunga durata mai sviluppati per l’ambiente spaziale.

NEA Scout

Un’altra importante missione è Near-Earth Asteroid Scout, progettata dal Marshall Space Flight Center e il JPL. NEA Scout è un cubesat che intende visitare l’asteroide 2020 GE, un oggetto che presenta un diametro minore di 18 metri, scoperto solo di recente. Inizialmente il team della NASA intendeva visitare 1991 VG, un asteroide distante circa un’unita astronomica dalla terra (150 milioni di km).

L’unico strumento della sonda è una fotocamera da 14 MPixels derivata da quella utilizzata dal rover marziano Perseverance. Le immagini prodotte avranno una risoluzione variabile tra 50-10 cm per pixel. La NASA prevede di raccogliere informazioni su proprietà fisiche come forma e volume, proprietà rotazionali, la presenza di polvere e determinare le proprietà della regolite.

Per compiere il viaggio verso l’obiettivo, NEA Scout impiegherà una vela solare che dispiegata occupa un’area di 86 metri quadrati. Questa caratteristica si ripercuote anche nella ripartizione dei volumi del satellite. Infatti la sola vela e altri propulsori costituiscono la metà dei 6U di volume allocati per il cubesat. Seguono 1/3  destinato all’avionica e strumentazione, per poi dedicare tutto il resto ad elettronica, sistemi di alimentazione e comunicazione.

OMOTENASHI

Tra tutti i payload presenti su Artemis 1, la missione nipponica OMOTENASHI è certamente fra le più interessanti dato che sarà l’unica a dirigersi verso la superficie. Il cubesat trasporta il più piccolo lander lunare della storia. Lo scopo della missione della JAXA sarà validare le tecnologie per l’allunaggio di micro lander e l’apparato propulsivo miniaturizzato.

A seguito della separazione dal secondo ICPS di SLS, il modulo orbitale di OMOTENASHI eseguirà una manovra correttiva per immettersi in orbita lunare. Dopo 5-6 giorni inizia l’allunaggio, con il cubesat che effettua una seconda accensione dei motori per iniziare la decelerazione. Terminata l’azione, un piccolo motore a propellente solido si distacca dalla parte orbitale del satellite portando con se il lander vero e proprio di soli 0.7 kg.

Dopo lo sgancio, il motore solido si accende e rallenta la discesa del lander, arrivando a fermarsi quasi completamente a un’altitudine compresa tra i 100-200 metri sopra la superficie lunare. A questo punto OMOTENASHI cadrà liberamente sulla superficie, utilizzando poi un airbag e un sistema di assorbimento degli urti per attutire l’atterraggio. In caso di successo, il lander ha una missione secondaria che consiste nella misurazione dei livelli di radiazioni sulla superficie della Luna. Il resto del cubesat (il modulo orbitale) si schianterà successivamente sulla superficie lunare.

Timeline della sequenza di allunaggio di OMOTENASHI. Credit: JAXA

Team Miles

Il cubesat Team Miles è un dimostratore tecnologico per la navigazione nello spazio profondo e il tester di un nuovo tipo di propulsori al plasma. Il veicolo è stato è stato sviluppato inizialmente da un gruppo no-profit d’ingegneri che hanno poi fondato l’azienda Miles Space. Il motore utilizzato dal team è un propulsore che sfrutta lo iodio per una spinta di 5 mN e un impulso specifico di 760 secondi.



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