Due anni fa oggi, un nuovo telescopio spaziale lasciava la Terra, con l’obbiettivo di osservare ciò che ancora non possiamo vedere. Costruito non per fotografare pianeti o stelle, ma per mappare la struttura nascosta e buia dell’Universo: quella fatta di materia oscura ed energia oscura.
Era l’1 luglio 2023, e a Cape Canaveral un Falcon 9 di SpaceX partiva con a bordo, all’interno del fairing, il telescopio spaziale Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), una delle missioni più complesse e ambiziose mai progettate e costruite dall’Europa.
Dopo circa un mese di viaggio, Euclid ha raggiunto il punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Sole, a 1.5 milioni di km da qui, dove ha cominciato la fase di commissioning e calibrazione degli strumenti. Nei primi mesi, la missione ha superato con successo tutte le fasi previste per avviare l’indagine scientifica principale. Ha verificato la stabilità della piattaforma, testato l’ottica e l’elettronica dei due strumenti a bordo (la camera visibile VIS e lo spettrofotometro nel vicino infrarosso NISP) e pubblicato le prime immagini dimostrative, rivelando fin da subito l’elevata qualità dei dati acquisiti.
Le operazioni scientifiche vere e proprie sono cominciate il 14 febbraio 2024, data in cui Euclid ha iniziato a raccogliere osservazioni sistematiche del cielo extragalattico. L’obiettivo è coprire almeno 15 000 gradi quadrati del cielo, circa un terzo della volta celeste, mappando la distribuzione tridimensionale di miliardi di galassie. Grazie a queste osservazioni, sarà possibile ricostruire come la materia si è distribuita nel tempo e nello spazio, e derivare le proprietà statistiche delle componenti oscure dell’Universo.
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La missione di Euclid, finora
Dopo il lancio e il viaggio verso il punto lagrangiano L2, Euclid ha attraversato una fase di commissioning durata diversi mesi, durante la quale sono stati verificati tutti i sottosistemi e calibrati gli strumenti scientifici. Il telescopio si è stabilizzato in un’orbita halo attorno a L2, in un ambiente termicamente stabile e adatto per garantire la precisione richiesta dalle osservazioni cosmologiche.

Il cuore scientifico di Euclid è costituito da un telescopio con uno specchio primario da 1.2 metri. La luce raccolta viene indirizzata a due strumenti principali: la camera VIS (VISible instrument) e lo spettrofotometro NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer).
- VIS è una fotocamera operante a lunghezze d’onda visibili, che fornisce dati ad alta risoluzione spaziale e spettrale.
- NISP opera nel vicino infrarosso, e fornisce dati sia fotometrici che spettroscopici, indispensabili per determinare le distanze delle galassie osservate.
Il telescopio è stato costruito per osservare grandi porzioni di cielo con elevata risoluzione e uniformità, grazie anche a un campo visivo molto ampio, di 0.54 gradi quadrati per esposizione. Dopo il completamento della fase di messa in servizio, nel novembre 2023 Euclid ha rilasciato le prime immagini a colori, dimostrando l’elevata qualità dei dati. Le osservazioni scientifiche regolari sono iniziate, come dicevamo, nel primo trimestre del 2024.

Il piano osservativo prevede la realizzazione di due survey principali: uno “wide”, che coprirà circa 15 000 gradi quadrati del cielo extragalattico, e uno “deep”, su aree più ristrette ma osservate ripetutamente, per raggiungere profondità superiori. Durante il 2024 Euclid ha iniziato la copertura sistematica del cielo, completando, al 19 marzo 2025, circa il 14% dell’area totale che coprirà.
La missione è supportata da un ampio consorzio scientifico, l’Euclid Consortium, con numerosi centri di analisi dati distribuiti in tutta Europa. I dati raccolti vengono elaborati in pipeline automatizzate per produrre cataloghi pubblici, che saranno rilasciati in tappe regolari nel corso della missione.
L’inizio del più grande atlante cosmico di sempre
Nel mese di ottobre 2024, durante l’International Astronautical Congress di Milano, l’ESA ha presentato il primo mosaico realizzato con i dati di Euclid. L’immagine, composta da 260 osservazioni effettuate tra la fine di marzo e l’inizio di aprile dello stesso anno, copre un’area di 132 gradi quadrati nel cielo australe: una porzione equivalente a oltre 500 lune piene. Il mosaico raggiunge una risoluzione complessiva di 208 gigapixel, e rappresenta appena l’1% della mappa finale che il telescopio realizzerà nei sei anni di missione.
Nonostante si tratti solo di un frammento iniziale, il contenuto è stato sorprendente: oltre 14 milioni di galassie sono state identificate, insieme a decine di milioni di stelle appartenenti alla Via Lattea. In sole due settimane di osservazioni, Euclid ha mostrato la capacità di scandagliare porzioni immense di cielo con una combinazione di ampiezza e dettaglio mai raggiunta prima da una missione spaziale.
L’immagine ha anche dimostrato la qualità tecnica dei dati. I sistemi di bordo hanno prodotto fotografie estremamente nitide, prive di riflessi o distorsioni, grazie a un’elaborazione accurata delle immagini e a correzioni ottiche complesse.
Questo primo rilascio non è stato solo un test tecnico, ma una vera anticipazione scientifica. Ha confermato che Euclid è pronto a realizzare la sua missione principale: mappare l’Universo su larga scala, con la risoluzione e l’uniformità necessarie per misurare la distribuzione della materia e dell’energia oscura. Il mosaico di ottobre è stato il primo tassello concreto del più grande atlante cosmico mai costruito.

Il passo successivo è arrivato il 19 marzo 2025, quando l’ESA ha pubblicato il primo catalogo scientifico di Euclid, una pietra miliare per la missione. Si tratta dei dati raccolti in appena una settimana, durante la quale il telescopio ha osservato circa 2000 gradi quadrati di cielo, il 14% dell’obiettivo complessivo della survey.
Il catalogo ha incluso tre aree designate come deep fields, “campi profondi”, zone di indagine più profonda che coprono un totale di 63.1 gradi quadrati. In queste porzioni di cielo, Euclid ha già rilevato centinaia di migliaia di galassie. Questo dimostra che la missione sta funzionando secondo aspettative, e che le pipeline produttive possono gestire la complessità delle osservazioni cosmologiche.
Si tratta, in sostanza, di un’anteprima su vasta scala di quanto Euclid sarà in grado di offrire nei prossimi anni. Quando la missione sarà completata, coprirà circa un terzo della volta celeste, includendo centinaia di milioni di galassie. Ma già ora, con questi dati iniziali, è possibile avviare analisi sulla distribuzione della materia oscura, sulla struttura del cosmo e sui processi che governano l’espansione dell’Universo.

Cosa ci aspetta nei prossimi mesi?
L’attesa ora si concentra sul primo rilascio completo di dati cosmologici, previsto per ottobre 2026. Questo set comprenderà misure dettagliate di milioni di galassie, incluse mappe tridimensionali della distribuzione della materia oscura su larga scala, e rappresenterà un passaggio cruciale per testare modelli teorici sull’evoluzione dell’Universo.
Entro fine 2026, dunque, saranno rilasciati i dati completi relativi al primo anno di survey nominale. Questo avverrà dopo aver acquisito osservazioni multiple dei campi profondi, migliorando la profondità e la qualità complessiva delle immagini.
Guardando oltre, entro il 2030 Euclid completerà l’intera survey sulla copertura del cielo extragalattico per circa 14 000–15 000 gradi quadrati (circa un terzo della volta celeste), includendo oltre 1.5 miliardi di galassie. Il risultato sarà la mappa tridimensionale più ampia e dettagliata mai realizzata, un atlante cosmico fondamentale per approfondire la natura dell’energia oscura, della materia oscura e il modello ΛCDM.
Nei prossimi mesi la comunità scientifica lavorerà sui dati di ottobre 2026, mentre le campagne osservative continueranno a rafforzare precisione e profondità dei dataset. L’obiettivo è offrire un atlante di riferimento per la cosmologia di precisione, utile a tutte le generazioni future degli studi sul cosmo.
Euclid e altre missioni
Euclid si inserisce nel panorama delle principali missioni astronomiche contemporanee con un approccio complementare a telescopi come Hubble e James Webb, concentrandosi sull’ampiezza insieme alla profondità. Hubble ha rivoluzionato l’astronomia osservando dettagli su singole galassie e nebulose, Webb raccoglie dati nello spettro infrarosso offrendo dettagli spettacolari su singoli oggetti. Euclid, al contrario, coprirà circa un terzo del cielo extragalattico ottenendo immagini nel visibile e vicino infrarosso ad alta risoluzione per studiare forma e distanza di oltre un miliardo di galassie, immagini tanto ampie quanto profonde.
Nella categoria di telescopi che osserveranno aree molto estese, si inserisce anche il Nancy Grace Roman Space Telescope, il cui lancio è previsto tra il 2026 e il 2027. Come Euclid, anche Roman condurrà un’indagine cosmologica osservando un numero enorme di galassie. Rispetto a Euclid, Roman opererà in un intervallo infrarosso più esteso e con uno strumento dotato di un campo visivo ancora più ampio. Inoltre, la sua maggiore profondità permetterà osservazioni più dettagliate delle stesse regioni, ideali per studiare supernovae e lenti gravitazionali con approcci complementari.
Sul fronte terrestre, il Vera C. Rubin Observatory inizierà a operare alla fine del 2025. Il Rubin adotterà un approccio temporale: riprenderà l’intero cielo meridionale ogni pochi giorni, per monitorare variazioni di luminosità e identificare fenomeni transitori. Rubin osserverà il cielo con ampiezza e profondità come Euclid, ma lo farà con una cadenza e una frequenza senza precedenti: il suo contributo sarà cruciale per identificare eventi variabili e migliorare la calibrazione fotometrica delle osservazioni spaziali.
La complementarità tra queste tre missioni sarà essenziale. Euclid fornirà una base ampia e omogenea di dati spaziali. Rubin seguirà con continuità temporale, ampliando l’analisi con osservazioni dinamiche. Roman, infine, aggiungerà profondità e spettroscopia ad alta precisione. Insieme, queste missioni permetteranno di combinare mappe cosmologiche statiche e dinamiche, migliorare la misura delle distanze cosmiche, ridurre gli errori sistematici e testare con maggiore precisione i modelli. Insieme, non solo amplieranno la nostra visione del cosmo, ma ci forniranno gli strumenti per comprenderne le leggi più profonde, trasformando la mappa dell’Universo in una chiave per decifrare la sua origine, la sua evoluzione… e forse, anche il suo destino.