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La Grande Nube di Magellano potrebbe essere sopravvissuta a un violento incontro con la Via Lattea

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Novembre 15, 2024
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza
Immagine della Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, ottenuta con la fotocamera DSLR presso l'Osservatorio La Silla dell'ESO. Credits: Zdeněk Bardon/ESO

Immagine della Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, ottenuta con la fotocamera DSLR presso l'Osservatorio La Silla dell'ESO. Credits: Zdeněk Bardon/ESO

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A circa 163mila anni luce dalla Terra, al di sotto del piano galattico della Via Lattea, si trova la Grande Nube di Magellano (LMC, Large Magellanic Cloud), oggi una galassia “satellite” della Via Lattea.

Secondo alcuni scienziati, la LMC non sarebbe in orbita attorno alla nostra Galassia, ma solo di passaggio. Ritengono infatti che abbia appena completato quello che è stato il massimo avvicinamento alla Via Lattea, molto più massiccia, e che nel corso di questo avvicinamento la nostra Galassia abbia spazzato via la maggior parte dell’alone sferico di gas che circondava la Grande Nube di Magellano.

Ora, per la prima volta, è stato possibile misurare con precisione le dimensioni dell’alone gassoso di LMC grazie al telescopio spaziale Hubble. Ed effettivamente, i dati indicano che esso è di “soli” 50mila anni luce di diametro, ovvero 10 volte più piccolo degli aloni di altre galassie della stessa massa di LMC. Questa compattezza sembrerebbe testimoniare proprio la storia di sopravvivenza della Grande Nube di Magellano all’incontro con la Via Lattea.

I dati di Hubble sempre in prima linea

Per condurre lo studio, guidato da Sapna Mishra dello Space Telescope Science Institute (STScI), i ricercatori hanno analizzato le osservazioni ultraviolette del Mikulski Archive for Space Telescopes presso lo STScI di Baltimora. Hubble è attualmente l’unico telescopio spaziale in grado di rilevare queste lunghezze d’onda della luce, quindi era l’unico che potesse aiutare per questa ricerca.

Il team ha studiato l’alone della LMC utilizzando la luce di fondo di 28 quasar, il tipo più luminoso di nuclei galattici attivi, alimentati da buchi neri supermassicci. Brillando come dei fari, consentono di “vedere” il gas dell’alone intermedio in maniera indiretta, dall’assorbimento della luce di fondo.

Render artistico che mostra l'evento di interazione della LMC con l'alone della Via Lattea e le osservazioni di quasar distanti, la cui luce è stata catturata da Hubble e usata dai ricercatori per ricostruire la forma e dimensione dell'alone della LMC. Credits: NASA, ESA, R. Crawford (STScI)
Render artistico che mostra l’evento di interazione della LMC con l’alone della Via Lattea e le osservazioni di quasar distanti, la cui luce è stata catturata da Hubble e usata dai ricercatori per ricostruire la forma e dimensione dell’alone della LMC. Credits: NASA, ESA, R. Crawford (STScI)

Infine i dati del Cosmic Origins Spectrograph (COS) di Hubble, che ha misurato la velocità del gas attorno alla LMC, hanno permesso agli scienziati di determinare le dimensioni dell’alone.

L’epica storia di sopravvivenza della Grande Nube di Magellano

I risultati sono stati decisamente interessanti. L’alone della Grande Nube di Magellano, che ha una massa pari al 10% della Via Lattea, sembra effettivamente molto meno esteso di quanto ci si aspetterebbe se essa fosse una semplice galassia satellite, che sta orbitando intorno alla nostra senza aver interagito gravitazionalmente con episodi significativi.

Sembrerebbe proprio, quindi, che questa sua misura molto compatta sia testimone dello schianto della LMC attraverso l’alone della Via Lattea, e del suo essere sopravvissuta per raccontarci l’accaduto.

Gli scienziati ritengono che in questo schianto, la maggior parte dell’alone della LMC sia stato spazzato via da un fenomeno chiamato ram-pressure stripping: l’ambiente denso della Via lattea ha esercitato una forte spinta contro la LMC in arrivo, “soffiando” via molto del gas del suo alone e strappando quindi la maggior parte della sua massa originale.

Mentre ciò avveniva, si è formata una coda di gas simile a quella della cometa oltre la Grande Nube di Magellano, che è diventata più lunga e definita man mano che il processo continuava.

Render artistico che mostra l'avvicinamento della LMC alla Via Lattea, l'interazione con il suo alone denso, e la coda di gas che viene strappato via dal fenomeno del
Render artistico che mostra l’avvicinamento della LMC alla Via Lattea, l’interazione con il suo alone denso, e la coda di gas che viene strappato via dal fenomeno del “ram-pressure stripping”. Credits: NASA, ESA, R. Crawford (STScI)

E il suo destino

Quello che osserviamo oggi sarebbe solo ciò che è rimasto, un piccolo e compatto residuo, circa il 10% dell’alone originale della Grande Nube di Magellano. Che nonostante si stia spegnendo poco a poco, e sia stato vittima di questa catastrofica interazione, riesce ancora ad avere gas a sufficienza per la formazione di nuove stelle.

I ricercatori hanno spiegato che una galassia di poco più piccola della LMC prima di questo incontro non sarebbe mai sopravvissuta. E ora intendono inoltre studiare anche la parte più anteriore dell’alone, un’area ancora non ben esplorata.

Attualmente ritengono che la Grande Nube di Magellano abbia superato il massimo avvicinamento con la Via Lattea e si stia allontanando verso lo spazio profondo, perciò il gas che le è stato strappato via pioverà sulla Via Lattea, mentre l’alone che è riuscita a trattenere dovrebbe rimanere intatto.

Lo studio, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, è reperibile qui in versione pre-print.

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Tags: GalassiaGrande Nube di MagellanoHubbleHubble Space TelescopeVia lattea

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