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Trovata una spiegazione all’emissione di raggi X nell’ambiente attorno ai buchi neri

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Agosto 23, 2024
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza
Sagittarius A*

L'immagine mostra Sagittarius A*, il buco nero situato al centro della nostra galassia, immortalato dall’Event Horizon Telescope. Credits: EHT Collaboration

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I buchi neri sono stati a lungo uno dei misteri più intriganti dell’astrofisica moderna. Noti per la loro gravità così intensa da non permettere neanche alla luce di sfuggire, possono essere osservati solo indirettamente, attraverso i loro effetti sull’ambiente circostante.

In particolare, l’emissione di radiazione X da parte dei dischi di accrescimento che li circondano è stata un enigma per gli scienziati sin dagli anni ’70. Ora, una ricerca condotta dall’Università di Helsinki ha permesso di fare un importante passo avanti nella comprensione di questo fenomeno.

Utilizzando simulazioni al computer estremamente dettagliate, i ricercatori hanno modellato le interazioni complesse tra radiazione, plasma e campi magnetici nelle vicinanze dei buchi neri, tenendo conto degli effetti elettrodinamici quantistici. I risultati hanno rivelato che i movimenti turbolenti causati dai campi magnetici riscaldano il plasma circostante, facendolo emettere raggi X.

Turbolenza e raggi X nei dischi di accrescimento dei buchi neri

Finora si riteneva che l’emissione di raggi X provenisse in qualche modo dal plasma che cade verso il buco nero, dove il flusso del materiale di accrescimento si organizza in due componenti, un disco sottile e una corona sovrastante. Recenti osservazioni e simulazioni numeriche hanno effettivamente confermato quest’idea di struttura.

I ricercatori hanno così deciso di analizzare nel dettaglio la corona di plasma. Per farlo, hanno utilizzato simulazioni radiative al plasma. E, per la prima volta, hanno incluso tutti i processi elettrodinamici quantistici rilevanti. Cioè le interazioni fondamentali, che governano il comportamento delle particelle cariche e dei fotoni in queste condizioni estreme.

Le simulazioni hanno mostrato che quando il plasma è turbolento, ovvero quando le particelle all’interno della corona si muovono in modo caotico a causa delle intense interazioni magnetiche, si verifica spontaneamente l’emissione di raggi X nello stato “hard”. Questo stato è caratterizzato da raggi X di alta energia, e si osserva comunemente nei sistemi binari di buchi neri.

Inoltre, quando la corona di plasma viene irradiata da fotoni X “soft”, ovvero a bassa energia, provenienti dal disco di accrescimento, il plasma subisce una transizione verso un nuovo stato di equilibrio. In questo nuovo stato, il plasma emette raggi X nello stato “soft”. Uno stato caratterizzato da radiazioni di energia più bassa rispetto allo stato “hard”.

Questa transizione evidenzia come il comportamento della corona di plasma non sia influenzato solo dalla turbolenza interna. Lo è anche dall‘interazione con la radiazione proveniente dal disco di accrescimento.

a) Visualizzazione 3D del plasma turbolento nella corona del disco di accrescimento magnetizzato. Le linee del campo magnetico sono mostrate con tubi sottili, e i colori dal bianco al rosso indicano l'intensità del campo. d) Illustrazione schematica delle strutture del campo magnetico del flusso di accrescimento, mostrato con la linea orizzontale rossa, mentre la regione coronale simulata è evidenziata con la casella verde. Credits: Joonas Nattila 2024
a) Visualizzazione 3D del plasma turbolento nella corona del disco di accrescimento magnetizzato. Le linee del campo magnetico sono mostrate con tubi sottili, e i colori dal bianco al rosso indicano l’intensità del campo. d) Illustrazione schematica delle strutture del campo magnetico del flusso di accrescimento, mostrato con la linea orizzontale rossa, mentre la regione coronale simulata è evidenziata con la casella verde. Credits: Joonas Nattila 2024

Perché questo risultato è importante?

Questi risultati non solo confermano la presenza di due stati distinti nel comportamento del plasma vicino ai buchi neri, ma sottolineano anche l’importanza dei processi quantistici nella dinamica del plasma in condizioni estreme.

La scoperta che la turbolenza nel plasma può guidare le emissioni di raggi X apre nuove prospettive per lo studio dei buchi neri. Così come delle loro interazioni con l’ambiente circostante.

Inoltre, la ricerca pone le basi per future indagini su altri fenomeni astrofisici estremi, offrendo nuove chiavi di lettura per comprendere il comportamento delle particelle in condizioni di energia estremamente alta.

L’articolo, pubblicato su Nature Communications, è reperibile qui.

© 2024 Astrospace.it Tutti i diritti riservati. Questo articolo può essere riprodotto o distribuito integralmente solo con l’autorizzazione scritta di Astrospace.it o parzialmente con l’obbligo di citare la fonte.
Tags: buchi neribuco neroraggi X

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