- Una piccola galassia, nascosta dietro il bagliore di una luminosa stella in primo piano, ha presentato caratteristiche molto simili alle galassie dell’Universo primordiale.
- La conferma al riguardo è arrivata da Hubble e altri telescopi a terra e nello spazio.
- Le ricerche dimostrano che questa galassia, soprannominata Peekaboo, è l’esempio più vicino a noi dei processi di formazione delle galassie di 13,8 miliardi di anni fa.
Dietro il bagliore intenso di una stella luminosa, si nascondeva una minuscola galassia. Sembrerebbe emersa negli ultimi 50-100 anni da dietro la stella in primo piano, in rapido movimento, che fino ad allora aveva impedito agli astronomi di individuarla.
Il nome scientifico della galassia è HIPASS J1131-31, ma è stata soprannominata “Peekaboo” dagli esperti per il suo giocare a nascondino dietro la stella. Si tratta dell’esempio più straordinario di una galassia vicina con caratteristiche molto simili alle galassie dell’Universo primordiale. Quelle del periodo seguito al Big Bang, 13,8 miliardi di anni fa.
La scoperta è frutto dello sforzo congiunto di telescopi a terra e nello spazio, con la conferma finale di Hubble. L’astronomo Gagandeep Anand dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, coautore del nuovo studio sulle proprietà di Peekaboo, ha affermato:
Scoprire la Galassia Peekaboo è come scoprire una finestra diretta sul passato. Ci permette di studiare il suo ambiente estremo e le sue stelle a un livello di dettaglio inaccessibile nel lontano Universo primordiale.
Le galassie povere di metalli
Le galassie come Peekaboo sono dette “estremamente povere di metalli” (eXtremely Metal-Poor, XMP). In astronomia, i “metalli” sono tutti gli elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio. L’Universo primordiale era quasi interamente costituito da idrogeno ed elio: solo successivamente, le stelle hanno forgiato elementi più pesanti, tra cui carbonio, ossigeno, ferro e calcio, che come “mattoni” hanno formato la vita come la conosciamo.
Anche nell’Universo locale e più vicino a noi sono state trovate galassie altrettanto povere di metalli. Peekaboo ha però attirato l’attenzione dei ricercatori perché non solo è una galassia XMP senza una sostanziale popolazione stellare più vecchia, ma trovandosi a soli 20 milioni di anni luce dalla Terra, è ad almeno la metà della distanza delle giovani galassie XMP precedentemente conosciute.

Peekaboo è stata individuata per la prima volta più di 20 anni fa dal radiotelescopio australiano Parkes Murriyang, nell’ambito della HI Parkes All Sky Survey. Responsabile della scoperta è stato il professor Bärbel Koribalski, astronomo dell’agenzia scientifica nazionale australiana (CSIRO) e coautore dell’ultima ricerca sulla metallicità di Peekaboo.
Allora si pensava che Peekaboo fosse una regione nebulosa di idrogeno freddo. Successivamente, le osservazioni nel lontano ultravioletto effettuate dalla missione Galaxy Evolution Explorer della NASA hanno mostrato che si trattava di una nana blu compatta.
Una galassia minuscola, ma speciale
Nessuno, però, si era reso conto di quanto questa piccola galassia fosse speciale. Solo adesso, sfruttando i dati combinati di Hubble, del Southern African Large Telescope (SALT) e di altri telescopi, i ricercatori hanno potuto confermare che la galassia Peekaboo è una delle più povere di metalli mai rilevate.
Hubble è riuscito a individuare circa 60 stelle nella minuscola galassia, quasi tutte di età pari o inferiore a qualche miliardo di anni. Con il SALT invece i ricercatori hanno effettuato misure di metallicità. Le stelle di Peekaboo indicano che si tratta di una delle galassie più giovani e meno arricchite chimicamente mai rilevate nell’Universo locale. Cosa molto insolita, dato che l’Universo locale ha avuto circa 13 miliardi di anni di storia cosmica per svilupparsi.
Ora il team di ricerca prevede di utilizzare Hubble e il James Webb per effettuare ulteriori ricerche su Peekaboo, in modo da saperne di più sulle sue popolazioni stellari e sulla loro composizione metallica. Le future osservazioni dettagliate permetteranno di sbirciare direttamente sul passato, studiando un ambiente che assomiglia all’Universo bambino in maniera semplicemente disarmante.
Lo studio, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, è reperibile qui.
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