Ora che la missione Artemis 1 si sta avviando alla fase di ritorno verso la Terra, si può guardare con ancora più fiducia ai prossimi passi per il ritorno e la permanenza dell’uomo sulla Luna. Se anche il ritorno di Orion avverrà come previsto, ci aspettiamo una missione Artemis II, con astronauti ma ancora senza allunaggio nel 2024.
I possibili step successivi sono molto diversi fra loro, soprattutto per quelli più lontani nel futuro. Entro pochi anni, potremmo vedere la prima persona europea sul suolo lunare e a bordo del Gateway, la Stazione Spaziale che la collaborazione internazionale sta costruendo per orbitare intorno alla Luna. Infine, ,magari già nei primi anni ’30, potrebbe vedere la luce la prima stazione lunare per la permanenza dell’uomo sulla superficie.
Se queste valutazioni sono frutto di previsioni o di pure speculazioni, comunque non si può dire che la NASA se ne stia con le mani in mano. Negli ultimi mesi diversi contratti sono stati assegnati per la ricerca e la produzione d’infrastrutture lunari; una sfida non da poco considerando l’ambiente lunare, che rende complicata pure la progettazione di pannelli solari.
In particolare, la NASA ha assegnato a ICON, una azienda con sede ad Austin, un contratto per lo sviluppo di tecnologie di costruzione che potrebbero aiutare l’assemblaggio di piste di atterraggio, habitat e strade sulla superficie lunare.
Le ricerche precedenti di ICON per la NASA
ICON e la NASA, in realtà hanno già collaborato in passato. Questo contratto non è altro che una continuazione di quello “dual-use” già concluso tra con l’US Air Force e parzialmente finanziato dalla NASA. Le ricerche comprese in questo precedente accordo sono concentrate sull’utilizzo della stampa 3D e dell’addittive manifacturing per la produzione di costruzioni terrestri.
L’applicazione terrestre è infatti il settore originario e ancora principale di ICON. La denominazione “dual-use” deriva dal fatto che la parte finanziata dalla NASA aveva come obiettivo l‘analisi degli elementi in comune tra applicazioni terrestri e applicazioni extra-terrestri di questa tecnologia.
Inoltre, ICON ha stampato in 3D un habitat marziano simulato di 158 metri quadrati, chiamato Mars Dune Alpha. Questo habitat sarà elemento chiave per la missione della NASA Crew Health and Performance Analog, o CHAPEA, a partire dal 2023.
ICON ha anche partecipato alla 3D Printed Habitat Challenge della NASA. La società ha collaborato con la Colorado School of Mines a Golden e il team ha vinto un premio per la stampa 3D di un campione di struttura che ha superato i test sulla capacità di mantenere un sigillo, per resistenza e durata a temperature estreme.
Il nuovo contratto
Soddisfatta dei successi di ICON, la NASA ha deciso di fornire ulteriori fondi per concretizzare le ricerche e i risultati già ottenuti. In particolare, il focus di questo nuovo contratto è di valutare la fattibilità di una tecnologia che permetta di utilizzare materiali reperibili in situ (sulla Luna e poi magari su Marte) per la stampa di ambienti vivibili e dove si possa lavorare per i futuri esploratori lunari. Il progetto è chiamato Olympus e questo video ne dà un ulteriore approfondimento.
Il principale vantaggio di questo progetto consiste chiaramente nel non dover trasportare fino alla Luna materiali da costruzione, ma solamente i macchinari necessari. Il contratto arriva fino al 2028 e ha un budget di 57.2 milioni di dollari. Se i risultati dovessero essere promettenti, la NASA potrebbe iniziare una campagna di test in situ.
Una tecnologia del genere, se affidabile e relativamente economica, potrebbe essere il game changer definitivo per l’esplorazione e la permanenza dell’uomo sulla Luna, rendendo realtà le previsioni e le speculazioni. E poi, forse, come spesso è capitato nella storia, questa tecnologia potrebbe avere una ricaduta importantissima anche qui sulla Terra permettendoci di costruire case ed infrastrutture in breve tempo ed in maniera sostenibile.
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