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Cinque cose che il James Webb non potrà osservare e scoprire

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Gennaio 15, 2022
in Approfondimento, Astronomia e astrofisica, News, Scienza
Render del James Webb Space Telescope

Render del James Webb Space Telescope

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Il James Webb Space Telescope è il più grande telescopio spaziale mai progettato, costruito, e inviato nello spazio dall’uomo. È stato lanciato con un razzo Ariane V lo scorso 25 dicembre 2021 ed è in viaggio in direzione del punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Sole, dove rimarrà almeno per i prossimi 10 anni.

Questo straordinario capolavoro di ingegneria, tecnologia e scienza sarà in grado di osservare lo spazio come mai abbiamo fatto prima d’oggi, per la sua posizione e per la strumentazione di cui dispone. Risponderà a molte delle grandi domande che l’uomo si pone da secoli, permettendo nuovi studi e progetti di ricerca all’avanguardia finora solo auspicati. Tuttavia ci sono una serie di risposte che il Webb ancora non darà. Nelle scorse settimane abbiamo raccolto alcune delle domande del tipo “Il James Webb potrà osservare…?”, fatte sul Webb, e alcune di queste sono state decisamente curiose. 

Il Big Bang

Il James Webb con il suo specchio di 6,5 metri di diametro sarà in grado di raccogliere molta luce, anche quella più debole e proveniente dall’Universo primordiale. È infatti uno degli obiettivi scientifici del telescopio quello di vedere la formazione delle prime stelle, galassie e buchi neri. Questo sarà possibile perché la luce viaggia a velocità finita, perciò guardando molto in là nello spazio vediamo i corpi celesti come erano al momento dell’emissione della luce che raccogliamo, non come sono ora. Ma il Webb riuscirà a osservare esattamente il Big Bang, ovvero ciò con cui l’Universo è cominciato?

Secondo la teoria cosmologica oggi più accreditata, il cosmo come lo conosciamo sarebbe nato dall’esplosione iniziale di una singolarità, una regione molto densa e limitata di spazio. In essa era concentrata tutta la massa iniziale, che poi sarebbe andata a costituire l’Universo stesso, sotto forma di energia a una temperatura molto elevata. Nessuna radiazione quindi, solo un grumo denso di energia. In un istante iniziale t=0 questa singolarità è “esplosa” e si è quindi espansa in tutte le direzioni, dando origine all’Universo. Questo, secondo i dati forniti dal Planck Surveyor dell’ESA, sarebbe accaduto 13,7 miliardi di anni fa.

Nei primi istanti dopo questo “grande scoppio”, il Big Bang appunto, si è svolta la gran parte dell’evoluzione dell’Universo. La densità è diminuita, la temperatura anche, e questo raffreddamento ha consentito la formazione della materia primordiale. Le prime stelle si sono accese 400 milioni di anni dopo per effetto dell’attrazione gravitazionale della materia. L’Universo era quindi uscito dalla sua era buia (in inglese Dark Age).

Evoluzione Universo
Storia dell’evoluzione dell’Universo a partire dal Big Bang. Credits: ESA, Traduzione: Astrospace

Quindi il Webb non potrà osservare il grande scoppio con cui il cosmo è nato. Potrà dirci molto sui primissimi oggetti che sono cresciuti dal materiale del Big Bang, e che potrebbero essere molto diversi da quelli che vediamo oggi. C’è anche la possibilità che siano cresciuti rapidamente e si siano distrutti, così che non se ne troverebbero più le tracce nel materiale recente. Tuttavia i primi milioni di anni di vita dell’Universo sono stati completamente bui. Quindi non c’è nessuna luce da catturare, e il Webb non avrà nulla da osservare nella Dark Age che ha preceduto la formazione delle prime stelle. Questo se la teoria del Big Bang, a oggi la più accreditata, è vera per come noi la conosciamo.

La teiera di Russel

Qualcuno si è effettivamente chiesto se il James Webb potrà osservare la teiera di Russel. La risposta è ovviamente no. La teiera di Russel è infatti una metafora, un esperimento psicologico introdotto negli anni ’50 dal matematico e filosofo inglese Bertrand Russell. Essa ipotizza che in orbita attorno al Sole, fra Marte e la Terra, si trovi una piccola teiera di porcellana, e che siccome essa è piccola, non emette radiazione propria e non riflette quella del Sole (in modo significativo) essa sarebbe impossibile da osservare. L’esperimento immaginario si conclude dicendo che solamente perché non è possibile osservarla o rilevarla, nessuno crederebbe veramente alla presenza di una teiera in orbita attorno al Sole.

La metafora introdotta da Russell serviva a dimostrare, in modo anche un po’ goliardico, il principio secondo il quale non spetta allo scettico l’onere della prova. Se infatti qualcuno credesse nell’esistenza di questa teiera, sarebbe compito del credente dimostrare la sua esistenza e non allo scettico che dubita della sua presenza. Ma il Webb potrebbe veramente cercare questa teiera? Il telescopio è innanzitutto rivolto verso lo spazio esterno. Una teiera in orbita fra la Terra e Marte sarebbe quindi troppo vicina da osservare, anche se ci fosse. Inoltre, essendo il telescopio principalmente adatto a osservare nella radiazione infrarossa, una piccola teiera che non emettesse questa radiazione sarebbe impossibile da rilevare.

I siti di allunaggio delle missioni Apollo

Un’altra domanda ricorrente è se il telescopio spaziale James Webb sarebbe in grado di osservare i siti di allunaggio delle missioni Apollo e la famigerata “bandiera sulla Luna”. Questa domanda è comparsa spesso negli ambienti complottisti dove viene negato l’allunaggio degli anni ’60. Volendo rispondere a questa domanda, è importante subito notare ancora che il Webb non potrà osservare la Luna, essendo “alle sue spalle”.

Per funzionare il telescopio ha infatti bisogno di mantenere i suoi specchi a temperature di oltre -200 C°. Per farlo, si protegge dalle radiazioni provenienti dal Sole, dalla Terra e anche dalla Luna, con uno schermo termico. “Girarsi” per osservare la Terra e la Luna sarebbe a tutti gli effetti un suicidio. Inoltre, è bene sottolineare che già diverse sonde in orbita attorno al nostro satellite hanno osservato le tracce lasciate dalle missioni Apollo sulla superficie lunare.

Il sito di allunaggio e le tracce lasciate dagli astronauti della missione Apollo 17, fotografate con il Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA.
Il sito di allunaggio e le tracce lasciate dagli astronauti della missione Apollo 17, fotografate con il Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA.

Gli alieni

Con il Webb sarà possibile osservare molti più esopianeti di quanto sia stato fatto finora. In particolar modo, con i dati che il telescopio raccoglierà, i ricercatori potranno stabilire con più accuratezza la loro costituzione e indagare sulla presenza di acqua, anche allo stato liquido. Certamente tra le ambizioni della comunità scientifica c’è quella di riuscire a individuare altre forme di vita nel cosmo, magari nella nostra galassia. Tuttavia questo non significa che il Webb “troverà gli alieni”.

Poiché il Webb andrà a caccia di esopianeti della fascia di abitabilità, nel caso in cui su uno di essi ci fosse vita secondo gli scienziati il telescopio potrebbe rivelarla in una sessantina di ore di osservazione. Per arrivare a questo risultato, servirebbe innanzitutto la scoperta di biofirme nelle atmosfere di esopianeti, cosa possibile tramite la spettroscopia. I composti che possono indicare la presenza di vita, in particolar modo, sono il metano e l’anidride carbonica.

Un candidato promettente è TRAPPIST-1e. I ricercatori hanno scoperto che il Webb potrebbe aver bisogno solo di 5-10 transiti del pianeta misurati con il Near-Infrared Spectrograph (NIRSpec) del telescopio per confermare importanti rivelazioni sulla sua atmosfera. Cosa che tuttavia accadrà solo se la pressione atmosferica del suo strato di nubi rientra entro un certo range. In caso contrario, potrebbe essere richiesta l’osservazione di anche 50 transiti di TRAPPIST-1e davanti alla stella, cosa che potrebbe richiedere più di 200 ore di osservazione con il Webb!

Sono molti i potenziali candidati tra i pianeti abitabili, forse milioni nella nostra galassia, ma questo non significa che dobbiamo aspettarci di scoprire esseri umanoidi che vivono in condizioni simili alle nostre sul pianeta Terra. Piuttosto si stanno cercando di trovare su altri pianeti le stesse caratteristiche che qui permettono la nascita di forme di vita anche nella loro più semplice costituzione. Questo sì il Webb potrebbe scoprirlo, fornendo importanti indizi al grande punto interrogativo sulla nostra solitudine nell’Universo.

L'Hubble fotografato dallo Space Shuttle Discovery. Credits: NASA.
L’Hubble fotografato dallo Space Shuttle Discovery. Credits: NASA.

Il telescopio Hubble

In molti si sono anche chiesti se il James Webb riuscirà a fotografare l’Hubble Space Telescope. La domanda è curiosa e sicuramente alla NASA hanno pensato a qualcosa di più importante da far fare al più grande e potente telescopio spaziale mai costruito. Ma ipotizzando che qualcuno voglia veramente osservare l’Hubble, sarebbe possibile farlo? No.

La risposta è simile a quelle precedenti, il telescopio Hubble si trova in orbita attorno alla Terra, a circa 600 km di quota. Per poterlo osservare il Webb dovrebbe quindi “girarsi”, con la conseguenza di esporre i suoi specchi al calore del Sole. Il punto lagrangiano L2 sul quale si trova è infatti una posizione privilegiata per osservare lo spazio esterno, proprio perché si trova su una immaginaria linea che collega Sole, Terra e il punto L2. Inoltre, nell’ipotesi che il Webb riuscisse a girarsi, vedrebbe solamente un puntino luminoso, troppo piccolo per essere osservato con precisione.

Per approfondire sulle caratteristiche tecniche del James Webb e non solo, qui è consultabile la nostra guida.

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Tags: alieniBig bangJames WebbJames Webb Space TelescopeLuna

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