Scoprire pianeti esterni alla Via Lattea è una grande sfida. Quelli confermati finora nella nostra galassia sono stati identificati attraverso tecniche che non sono propriamente adatte alla ricerca extragalattica. La luce delle galassie è raccolta in una piccola area del cielo ed è difficile, per i telescopi, distinguere le stelle che le compongono. Per l’individuazione di un pianeta esterno, non solo al nostro Sistema Solare, ma addirittura alla Via Lattea, è necessario sfruttare nuove tecniche d’investigazione.
Il team guidato da Rosanne Di Stefano, ricercatrice presso il centro di astrofisica Harvard-Smithsonian, ha sfruttato per la sua indagine uno degli oggetti più luminosi esterni alla nostra galassia, le binarie a raggi X. Teoricamente, il segnale della radiazione proveniente da questa tipologia di binarie cala nel momento in cui un oggetto vi orbita di fronte. Cercando tra i dati raccolti dai telescopi Chandra e XMM-Newton, le galassie che contenessero binarie a raggi X caratterizzate da un occultamento simile, si è scoperto un corpo che potrebbe essere definito il primo pianeta extragalattico.
In orbita attorno a un sistema binario
Il candidato al primato si trova nella Galassia Whirlpool, in orbita attorno a una binaria a raggi X. Si tratta di una tipologia di sistema binario, costituito da un corpo celeste molto compatto, come ad esempio un buco nero o una stella a neutroni, e una stella compagna. A causa dell’intenso campo gravitazionale che risente, quest’ultima viene spogliata del materiale che la compone, a sua volta riscaldato a milioni di gradi. Questo riscaldamento determina l’emissione dei raggi X.
Tra i dati raccolti dai telescopi Chandra e XMM-Newton, la galassia Whirlpool è stato ritenuta quella più interessante perché al suo interno la binaria M51-ULS-1 presenta una riduzione del segnale della luce a raggi X. Proprio il tipo di variazione ricercata dagli astronomi del team. La luce della radiazione emessa è rimasta bloccata per un paio di ore prima di tornare allo stato iniziale, sintomo dell’esistenza di un corpo in orbita attorno al sistema.
Le cause della riduzione di segnale
All’interno dell’articolo pubblicato su Nature Astronomy, Rosanne e i suoi colleghi hanno preso in considerazione diverse spiegazioni per giustificare il significativo calo del segnale. Sebbene la possibilità dell’esistenza di un pianeta extragalattico sia elettrizzante, hanno dovuto procedere con scrupolosa attenzione nel definire la natura di questi risultati.
Ci sono diverse cause che possono bloccare la luce a raggi X di una binaria. Questo effetto potrebbe derivare dalla presenza di una piccola stella, come una nana bruna o rossa. L’ipotesi viene però scartata poiché il sistema è troppo giovane perché questa si presenti. Un’altra congettura riguarda la possibilità che il corpo individuato sia in realtà un insieme di polvere e gas. Ma la superficie ben definita dell’oggetto porta a rifiutare anche questa teoria.
Una variazione della luminosità stessa della sorgente potrebbe essere presa in considerazione. Dalle analisi svolte risulta essere l’unico parametro del sistema binario a cambiare. Temperature e colore infatti restano immutate. Di conseguenza, è improbabile che questa riduzione sia associata a qualche fenomeno verificatosi nella stella.
Il team ha inoltre indagato se lo stesso “donatore”, la stella compagna dell’oggetto più massivo del sistema, potesse aver provocato questa riduzione di segnale. Un evento del genere è stato osservato parzialmente dal telescopio spaziale XMM-Newton. In quell’occasione, il black out è durato più a lungo e la firma del segnale era diversa da quella identificata nella galassia Whirlpool. Tirando le somme sulla loro analisi, Rosanne afferma
“Abbiamo eseguito simulazioni al computer per vedere se la riduzione del segnale ha le caratteristiche di un pianeta in transito e abbiamo trovato che vi corrisponde perfettamente. Siamo abbastanza fiduciosi che non sia nient’altro e che abbiamo trovato il nostro primo pianeta candidato al di fuori della Via Lattea.”
Le caratteristiche del pianeta
Sebbene la sua natura sia ancora dubbia, gli astronomi hanno delineato le caratteristiche del probabile pianeta. La sua dimensione è simile a quella di Saturno, in orbita attorno alla binaria a una distanza decine di volte maggiore rispetto quella Terra-Sole. Impiega circa 70 anni a compiere un giro attorno a M15-ULS-1. Questo determina l’impossibilità di osservare nuovamente il fenomeno in tempi brevi, richiedendo più prudenza nella sua definizione di pianeta extragalattico. L’alta quantità di radiazioni che investono il pianeta lo rendono, inoltre, un luogo inospitale, in cui la vita non può essere sostenuta.
Se venisse confermato, questo corpo celeste sarebbe il primo pianeta scoperto fuori dalla nostra galassia di cui conosciamo il sistema ospitante. In “gara”, ci sono comunque altri pianeti, individuati grazie alla tecnica delle lenti gravitazionali. Nessuno di questi però è stato confermato, e il primato è quindi ancora da stabilire.
Una storia che si ripete
Didier Queloz e Michel Mayor hanno vinto il premio Nobel per la scoperta di 51 Pegasi b nel 1995. Ma il primo pianeta extrasolare confermato fu in realtà un mondo in orbita attorno a una pulsar, una stella di neutroni osservabile nei raggi X.
Sarebbe davvero emozionante, come afferma Norbert Schartel, scienziato del progetto dell’ESA XMM-Newton, se anche nella scoperta del primo pianeta extragalattico, i raggi X ricoprissero un ruolo fondamentale. Questo metodo d’indagine, rivelatasi efficace, apre le porte alla ricerca di nuovi mondi nelle galassie vicine, nella speranza che in futuro si possa confermare con certezza la loro esistenza.
Qui lo studio completo.
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